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I DESIDERI DELLA COMUNITA’ CRISTIANA

Marco Bertè

Se è vero – come attestano l’esperienza e il pensiero contemporaneo – che l’uomo è un essere desiderante, che ciò che muove la sua vita e la sua azione è il desiderio, è legittimo e opportuno chiedersi da quali desideri è sospinta la comunità cristiana, quali desideri muovono i laici, quali i Vescovi e quali l’istituzione ecclesiastica nei suoi vertici. Diamo un rapido sguardo alla situazione italiana.

Un reciproco e pieno riconoscimento dei ruoli
I  laici, quando non sono indifferenti alla vita della Chiesa (come oggi purtroppo accade molto sovente), desiderano essere riconosciuti nella loro piena dignità ecclesiale, nella loro autonomia, nel loro diritto-dovere di esercitare, pur nella distinzione delle funzioni, una qualche forma di corresponsabilità. E però non sono altrettanto desiderosi di riconoscere in tutte le sue implicazioni il ministero dei Vescovi e ancor meno il potere dell’istituzione, anche per gli ambiti e i modi in cui viene esercitato. I Vescovi desiderano che sia riconosciuto in concreto il loro ministero (non solo dai laici, ma anche dai vertici ecclesiastici) e però non sempre e non in tutto riconoscono corresponsabilità e autonomia dei laici né d’altra parte, anche se obbedienti, sono disposti a riconoscere tutte le pretese dell’istituzione.  Questa, infine, desidera che sia riconosciuto il suo potere ma disconosce o limita, di fatto, l’autonomia dei laici e il ministero dei Vescovi, disponendo del laicato e dello stesso episcopato come di docili strumenti e ricercando direttamente col potere politico rapporti di reciproca convenienza. Le recenti dichiarazioni di Benedetto XVI e del Card. Bagnasco avrebbero fatto sperare in una correzione di rotta, ma nella pratica sembrano contraddette dalle iniziative come il Seminario di Todi.

Quello che è carente è il riconoscimento reciproco, spesso assicurato a parole ma povero di fatti. Senza di esso non vi è comunione, collaborazione, corresponsabilità nella Chiesa. E rischia di rimanere lettera morta la molteplicità e complementarità di carismi e ministeri. Pensiamo ad esempio ad alcuni carismi tipicamente laicali, come la testimonianza, la franchezza di parola, l’esperienza e la sensibilità secolare, la denuncia profetica, il servizio nel mondo al Regno che si è manifestato e viene. Senza dare spazio a questi carismi, senza riconoscerli e valorizzarli non si dà comunione reale. D’altra parte non si dà vera comunione nemmeno disconoscendo l’importanza dei ministeri ordinati o l’autorità dei vertici ecclesiastici.

La sinodalità rinnovata
Il riconoscimento reciproco, nella sua forma più semplice, può esprimersi così: io riconosco te – nella tua alterità e unicità, nel tuo valore, nelle tue capacità e funzioni – come tu riconosci me. Una forma più impegnativa è quella giuridica: se io riconosco la tua persona e i tuoi diritti, tu devi riconoscere la mia persona e i miei diritti. Vi è infine una forma di tipo morale: io ti aiuto in ciò di cui tu hai bisogno e tu aiuti me in ciò di cui io ho bisogno. E’ abbastanza evidente che se è inteso così, in questo triplice significato, e soprattutto se è praticato così, il riconoscimento reciproco può sostanziare e rinnovare quella sinodalità che il Concilio ha delineato e che tutti auspichiamo. Può dunque dare nuovo impulso a Consigli pastorali e Sinodi diocesani, può sostenere la istituzione anche in Italia di un Consiglio nazionale dei laici o di Forum di fedeli e pastori su temi particolari, a livello regionale e nazionale (come quelli auspicati da Enzo Bianchi). Ma se, come pare e come ho cercato di ricordare, un tale riconoscimento reciproco è carente, allora è inevitabile che, come per lo più è avvenuto e avviene, tali strutture diano luogo a eventi e momenti più o meno formali, che possono anche produrre bei documenti, ma non generano pratiche corrispondenti. Senza un mutamento radicale degli atteggiamenti non vi è molto da sperare.

Per una conversione del desiderio
Quello che occorre è una vera e propria conversione del desiderio: liberarsi dai desideri più epidermici, dalla tentazione della autoreferenzialità, dall’attaccamento ai privilegi (quando vi sono) e dalla mera rivendicazione di diritti (anche se vi sono) e concentrarsi su quelli che sono i desideri più profondi della persona, dell’essere credente, della comunità cristiana. E in questa ricerca puntare a una dedizione all’altro senza pretesa di reciprocità. Se non c’è chi comincia senza pretendere il contraccambio, come e quando potrà cominciare una nuova stagione? Forse sta proprio al laicato, alla parte più debole e più numerosa della Chiesa, avviarsi su questa strada.

In concreto questo non significa rinunciare alla denuncia, quando necessaria, o ripiegarsi all’interno del proprio gruppo: sarebbe, anche questa, una forma di autoreferenzialità. Significa, piuttosto, dar vita ad esperienze di riconoscimento reciproco e di dedizione all’altro – all’interno dei gruppi, tra i gruppi, nella Chiesa, tra le Chiese, tra le religioni e le culture,  nel mondo – ricercando il dialogo e la fedeltà all’Evangelo. Esperienze tali da diventare contagiose e da comunicarsi al tessuto ecclesiale fino ad investire le strutture esistenti, l’episcopato, i vertici della Chiesa. Esse, per favorire lo scambio, la reciproca influenza, la formazione di una opinione pubblica nella Chiesa, sono e possono essere collegate tra loro da reti come quella dei Viandanti e costituire così una premessa per il rinnovamento della vita ecclesiale.

Marco Bertè
Membro del Gruppo “Chiesa Oggi” (Parma) e socio fondatore di Viandanti

3 Commenti su “I DESIDERI DELLA COMUNITA’ CRISTIANA”

  1. La chiesa paolina, e la chiesa cattolica è la chiesa paolina, ha due caratteristiche: L’affermazione di una “verità” attraverso un’autorità e l’obbedienza a quella verità incarnata nell’autorità. Come rendere la “verità” una ricerca, un cammino e non una realtà definita e come vivere l’autorità nella non obbedienza che rende ineguali?
    Può la chiesa cattolica abdicare alla monorchia senza cadere in un parlamentarismo? L’assemblea conciliare e il ruolo del papa in essa è stato un piccolo tentativo. Sarà quella strada della sinodalità con l’aggiunta dei laici?
    Potremo sperare una stagione nuova della chiesa cattolica italiana se le cose giuste di dice Marco diventeranno “opinione pubblica” nella chiesa. Claudio Michelotti

  2. Se è vero, come è vero, che tutti indistintamente, siamo il Corpo Mistico di Cristo, allora è necessario convincerci che pur nella diversità dei ruoli e dei carismi, ognuno deve tendere alla costruzione della unità nella fedeltà al disegno evangelico del Regno, riconoscendo che Gesù non ha affidato poteri, ma ha voluto che ognuno (il Papa, i vescovi, i prsbiteri ed i laici – uomini e donne, in una parola la Comunità umana) si faccia servo volontariamente per tendere alla felicità (é il senso delle beatitudini).

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