Un magistero anzitutto orale
La biografia di don Germano Pattaro è scandita – come si è visto – da molteplici impegni accademici, didattici, culturali, civili, perseguiti con rigore e passione, ma sopra tutto e come nutrimento del tutto, stanno i compiti inerenti il suo essere prete: il colloquio continuo con il suo Signore nella preghiera, la frequentazione inesausta della Bibbia, la meditazione dei Padri, le celebrazioni liturgiche sempre accuratissime, la capacità di ascoltare e dialogare con i fratelli e le sorelle che il Signore metteva sulla sua strada. “Penso che le cose del Buon Dio non si lascino misurare con il “tanto” o con il “poco”, sono vere e basta. E ogni istante vissuto nella verità del Signore rende presente tutta la verità […] E’ il Signore a garantirmi, io quel che posso fare mi fa sempre un po’ ridere […]; l’amore di Dio che scende sulla mia “spanna” è un pensiero così vertiginoso da eliminare ogni altra considerazione. Del resto la Croce è un sigillo d’amore così definitivo che i diritti li lascio tutti a Lui, per saturarmi solo del suo dono”. In tale contesto, la dimensione orale del suo magistero – omelie, relazioni, lezioni, corsi, interventi – diventa prevalente: nella sua vita, infatti, don Germano privilegiò, sempre, l’incontro personale, l’accoglienza, l’ascolto e la cura amorevole dell’altro – attività particolarmente esigenti, quanto al tempo ed alla concentrazione interiore – rispetto all’elaborazione sistematica del proprio pensiero, fissata nella definitiva forma scritta.
La teologia, incontro con Dio e con gli uomini
Facendo questa scelta consapevole, dunque, don Germano lasciò intorno a sé più “libri viventi” – i molti che avvicinandolo poterono arricchirsi della sua testimonianza – che cartacei, benché il repertorio bibliografico di tutti i suoi scritti, compresi quelli “d’occasione”, annoveri più di quattrocento titoli. La consultazione del suo archivio personale (come la biblioteca ospitato presso il Centro di studi teologici Germano Pattaro a Venezia) attesta, tuttavia, senza esitazioni, che dietro ogni forma di espressione del pensiero di don Pattaro, orale o scritta che fosse, sta sempre un’accurata ed aggiornata preparazione che si nutre di numerose letture, delle quali la sua biblioteca di più di diecimila volumi – unica sua ricchezza accumulata in vita – è vivida testimonianza. Si ritrovano nei suoi settori ( teologia, ecumenismo, storia del Cristianesimo, filosofia, scienze umane, scienze bibliche, matematica e fisica) i libri che il teologo Germano Pattaro ha amato, consultato, letto, chiosato e il cui apporto è confluito nella sua personale riflessione, originale, acuta e sorprendente. “Il cristiano dà testimonianza con la sua vita a Cristo, nella chiesa, a favore degli uomini. Ogni cristiano, anche il teologo. […] Il teologo mette a disposizione la carità dell’intelligenza, [ ma] una teologia non nasce dai pensieri, nasce sempre da una fede vissuta. […] La teologia nasce quando l’uomo parla di Dio e, parlando di Dio, parla anche di sé e degli altri uomini, di tutti gli uomini, davanti a Dio. La teologia è, perciò, un discorso lungo, articolato, complesso perché deve tener conto di moltissime cose. Di Dio, della sua Parola, dell’incontro di Lui che parla con gli uomini che lo ascoltano, delle loro risposte. Una biografia e un diario narrati per esteso ed in profondità degli appuntamenti a cui Dio chiama gli uomini, perché ne nasca un’unica storia”.
Sull’ateismo
Il dire-Dio per Pattaro era un compito che non si esauriva all’interno del mondo credente ma si doveva svolgere anche nei riguardi di chi credeva nell’umano. Dopo aver tenuto per alcuni anni (1966-1970) dense relazioni sviluppando il tema ”Itinerario a Dio nel nostro tempo“ per le Settimane estive di cultura religiosa dei Laureati di Azione Cattolica, don Pattaro matura una speciale sensibilità per le problematiche inerenti la secolarizzazione, meglio, la possibilità di un discorso su Dio nella cultura contemporanea e approda alla redazione, per il Nuovo Dizionario di Teologia (curato da G. Barbaglio e S. Dianich nel 1979) della voce Ateismo, a detta di alcuni ”[…] voce rivoluzionaria e precorritrice nello scindere le sorti della fede dalla cornice teistica e dal suo coinvolgimento nella critica filosofica contemporanea alla metafisica e all’onto-teo-logia. La fede cristiana non sta e cade tout-court assieme a queste ultime, giacchè come afferma Pattaro “il teismo non dispone alla fede cristiana più dell’ateismo” ”Sul tema dell’ateismo, che nella trattazione del Nuovo dizionario… ha il suo culmine teoretico, don Germano ritornò a più riprese, secondo modalità più piane, in conferenze ed interventi destinati ad un pubblico non specialista, manifestando ancora una volta, attraverso la duttilità dell’approccio, come la sua prima preoccupazione fosse far crescere la consapevolezza critica dei propri interlocutori di fronte ai temi trattati.
Teologia del matrimonio
Nel campo della teologia del matrimonio, interesse che, dalla metà degli anni Cinquanta del Novecento, lo accompagnò sino alla fine, don Pattaro, nel dialogo costante con i laici e le laiche, ministri del sacramento, sviluppò una profonda riflessione, innovativa e profetica per la Chiesa tutta, intorno alla necessità dell’annuncio evangelico dell’amore sponsale da parte degli stessi coniugi, che dovevano impegnarsi in prima persona nella ricerca del senso cristiano del loro matrimonio. “”Mistico”, per un cristiano è la capacità di amare Dio dentro le cose di ogni giorno senza mai tagliare la corda o mettersi lateralmente ad esse. Per due sposi […] è l’esperienza del loro amore come annuncio dell’amore di Dio. Questo vuol dire ”mistico”. Non vuole mica dir altro. E’ l’esperienza della fede.[…] A loro due non è dato di incontrare Dio se non dentro l’amore con cui si amano”. Don Germano considera la coppia sponsale come araldo dell’amore di Dio e, contemporaneamente, come profezia ecumenica: in essa, infatti, la diversità non diventa divisione né ostacolo alla piena comunione di vita. La stessa attitudine, espressa in modo ancor più evidente, don Pattaro seppe cogliere già in epoca pre-conciliare nei matrimoni interconfessionali, che considerava segno vissuto nella carne del cammino ecumenico verso l’unione dei cristiani. Il suo costante invito a tali coppie era infatti: “Occorre annunciare l’Evangelo. Il matrimonio è annuncio. Nessuno vi può togliere l’Evangelo”.
Ecumenismo
Del Concilio Vaticano II (1962-1965), don Pattaro, che vi partecipò come teologo del patriarca di Venezia Giovanni Urbani, fu precursore, interprete e divulgatore con delicata intelligenza, consapevole che tante inimmaginabili novità avrebbero potuto disorientare ed intimorire e – dunque – condurre al rifiuto. Nell’ambito della teologia ed ecclesiologia ecumeniche in particolare, si possono cogliere tali tratti della personalità di don Germano. Quando l’Assemblea conciliare, facendo propria nella sostanza l’impostazione di p. Congar – del quale don Germano aveva letto con entusiasmo le pagine prima di Chrétiens désunis poi di Crétiens en dialogue, nelle quali il tema dell’ecumenismo veniva situato nel cuore della teologia cattolica – ne pose le principali acquisizioni alla base del decreto Unitatis redintegratio (1964) l’itinerario ecumenico di don Pattaro subì la svolta definitiva. Da allora si dedicò in modo infaticabile alla recezione ed attuazione del decreto conciliare sull’ecumenismo, per far radicare una nuova cultura dell’ecumenismo all’interno della Chiesa italiana. “Il decreto privilegia l’unità nei confronti della divisione, essa è prioritaria con la sua logica e costituisce il fondamento essenziale per superare la divisione che – dell’unità – costituisce l’anomalia storica […]. L’ecumenismo è una esperienza, non si può disciplinare solo dall’esterno o in nome della dottrina che fa autorità o dell’autorità che stabilisce la dottrina. Non può essere eteroguidato, tutte le decisioni che lo riguardano devono fare sempre rifermento diretto o indiretto all’esperienza ecumenica come locus theologicus privilegiato […]; il decreto conciliare per questo non ne presenta una definizione concettuale, preferendone la descrizione operativa”. E nel concreto lavoro ecumenico, in questa esperienza, don Germano visse completamente immerso, a vari livelli: nei dialoghi bilaterali (l’ARCIC a Venezia nel 1970), negli incontri della commissione del CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese) Faith and order, in particolare ad Accra, Ghana,1974, nella partecipazione ai lavori del Segretariato per l’Unità dei cristiani, nell’insegnamento di ecumenismo allo Studio teologico San Bernardino di Verona, embrione dell’Istituto di studi ecumenici di Venezia, nella collaborazione con il SAE (Segretariato attività ecumeniche), negli innumerevoli incontri di studio e di preghiera per ogni dove. Il movimento ecumenico per don Germano, infatti, è di natura “vocativa”, generato dall’appello di Dio ai cristiani del ventesimo secolo, è appuntamento di grazia, terreno di conversione e di riforma per tutti.” […] Nell’esercizio assiduo di ciò che unisce, è possibile sperare il superamento, grave e doloroso, di quello che divide. Da parte di tutti: chi si sottrae all’impegno elude la volontà di Dio. Questo è l’ecumenismo e in questo modo ne parla la teologia fondata ed espressa nella lezione conciliare. Una possibilità nuova per la Chiesa. Non un semplice metodo pastorale elaborato per una migliore intelligenza del rapporto tra i cristiani in un mondo che impone a tutti il dialogo: ma una vocazione che nasce dall’alto, una chiamata dello Spirito, un “segno dei tempi”; una proposta di Dio e non la scelta di una nuova efficienza. L’Ecumenismo esige questa fedeltà e questa ampiezza spirituale. I ritardi pesano sul Regno di Dio. In fondo, esso non è che un modo più alto e più consapevole di praticare la carità nella fede”. Don Germano per questo dette tutto se stesso.
La stella polare, infatti, dell’esistenza di don Germano è l’impegno ecumenico. Non si tratta di un interesse tra gli altri, numerosi e vissuti con serietà, è l’interesse, la vocazione, la missione a cui don Germano è stato chiamato e che ha saputo riconoscere per sé, dedicandovisi totalmente. Tutto in lui è ordinato ad esercitare il servizio all’unità; non si tratta di una folgorazione improvvisa ma di una lenta, inarrestabile maturazione che lo ha portato a comporre il pensiero dei Padri – “coloro che hanno accompagnato l’infanzia della Chiesa” –, viventi nella Chiesa indivisa, con la realtà dell’unione sponsale, come sacramento dell’unità che il Signore vuole tra sé e la Chiesa, nell’orizzonte dell’unità di tutto il genere umano pacificato, raccolto intorno al suo Creatore. Unità raggiunta ad opera dell’unica Chiesa di Cristo, convertita e risanata dalle ferite inferte dal peccato della divisione. Don Germano ha pregato, parlato, viaggiato, scritto fino alla consumazione finale, nella prospettiva ecumenica di contribuire a risanare il corpo della Chiesa per renderla fedele alla volontà testamentaria di Cristo, espressa da Giovanni nel diciassettesimo capitolo del suo vangelo. Don Germano da teologo, da studioso, da grande intellettuale, ha tessuto interpretazioni acute e raffinate della Parola di Dio, ma è nella sua carne, straziata da una sofferenza continua ed indicibile che ha dato senso ed autenticità a quanto ha sempre sostenuto: Dio ama di un amore incontenibile ogni uomo nella sua peculiarità e lo cinge in un assedio implacabile perché s’accenda d’amore e trovi la sua felicità al modo della creatura che si sa creata, fragile, limitata ma capace di fare cose buone, se si orienta a cogliere la volontà del Padre.