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SUL NOVECENTO: “MEMORIA DIVISA” NELLA CHIESA

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Nel 70° anniversario della strage di Monte Sole la Scuola di Formazione teologica della FTER ha dedicato un corso al tema “Chiesa e memoria divisa in Italia”. Ne è uscito questo libro, curato da due valenti studiosi, un libro complesso, difficile da recensire soprattutto perché lo si legge in un tempo di nuove, diverse divisioni: il nuovo secolo, anzi millennio, ha infatti ereditato dal passato condizionamenti che continuano a pesare, anche inavvertiti, nel procedere irresistibile della storia. Basterebbe citare il nome del luogo in cui avvenne una delle più terribili stragi nazifasciste per percepire l’ombra delle ideologie che ne ha inquinato troppo a lungo la memoria: Monte Sole è il nome della località che subì l’orribile eccidio, Marzabotto quello del comune di riferimento. Continuano a sembrare luoghi diversi perché non si nominò mai Monte Sole fino a quando, nel 1986, don Luciano Gherardi, con grande onestà intellettuale (di prete cristiano), si assunse la responsabilità di fare memoria delle omissioni e del silenzio di una Chiesa che non parlava dei suoi morti “perché chi parla di Marzabotto fa il gioco dei comunisti”, gli scomunicati del 1949, quando le divisioni si accanirono perché riferite al potere di governare.
L’esempio di questa rimozione obbliga a fare i conti con una storia che ancora conserva nostalgie di tempi lontani e un vescovo conservatore come mons. Luigi Negri, oggi emerito, ancora fa risalire l’anticlericalismo e la secolarizzazione dei nostri giorni all’Illuminismo e al Risorgimento. Il pregiudizio ha sempre danneggiato la ricerca della verità e si perpetua anche per la timidezza della società ecclesiale, condizionata dalla tradizione clericale e dall’aver privilegiato l’obbedienza a scapito della libertà di coscienza, mentre perfino san Tommaso ne faceva un pilastro delle fede. Questo libro procede sulla linea coraggiosa di Gherardi e pone il dito sul primato dei princìpi: la chiesa che nel mondo ha funzione dottrinale e testimoniale, non può essere né totalitaria né ideologica, perché è mandata a condividere la sorte comune alla luce del vangelo, la cui parola non può essere silenziata o rimossa in nessun caso e per nessuna ragione.
Il secolo scorso ha visto i disastri di due guerre mondiali, ma anche l’aprirsi per l’Europa di sette decenni di graduale unificazione e di pace. Il primo secolo del terzo millennio, per prevenire difficoltà e pericoli, dovrebbe esercitare una continua metanoia, un ripensamento dei limiti e delle potenzialità che viviamo tutti in quanto umani e, tanto più, cristiani. Le colpe di cui la Chiesa ha riconosciuto la responsabilità hanno bisogno di purificarsi anche nella memoria dei credenti. Ha rappresentato un grande valore la richiesta di perdono espressa da diversi pontefici, una richiesta difficile perché comprensiva anche dei torti subiti quando prevalse la logica della guerra e quando la guerra diventò civile; ma non sempre il cristiano, proprio perché abituato e delegare alla Chiesa anche ciò che non riguarda gli articoli di fede, è riuscito a maturare una consapevolezza autentica della sua responsabilità, come se fosse stata già realmente “purificata” dagli interventi dall’alto e non toccasse a lui il dovere, proprio in conseguenza delle mancanze storiche del passato, di non perdere mai più la coerenza con la parola evangelica. Non basta, infatti, chiedere perdono e promettere di non uscire più dalla retta via, se non si assume “la responsabilità del futuro” che si acquista solo con la conoscenza: non è facile farsene carico solo con le certezze dottrinali apprese se la tradizione non si accompagna al discernimento, parola cara a papa Francesco e di particolare efficacia religiosa per prevenire altri errori.

Giancarla Codrignani

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