IN EUROPA A SCUOLA: DIO IN PROGRAMMA. COME?
L’europeismo si può fare in tanti modi. Flavio Pajer – che si occupa come pochi di ricerca delle relazioni che intercorrono tra la religione e l’educazione – ha scritto un libro per recensire i sistemi educativi europei in rapporto alle diverse credenze, con attente verifiche sull’implementazione nei singoli paesi di quella strana disciplina curricolare da noi chiamata “ora di religione”. Pajer non si nasconde la complessità della problematica epistemologica circa l’impatto del fatto religioso nelle società contemporanee, in particolare nelle scuole, sia che si prenda in considerazione l’educazione della prima infanzia, sia che si affrontino le modalità dell’approfondimento con i giovani delle superiori.
In tutta Europa (perfino in Italia) sta avanzando una impostazione innovativa che, già adottata o in attesa di adozione, potrà traghettare la disciplina di questa materia dall’impostazione confessionale alla “storia delle religioni”. Oggi, infatti, le religioni sono tutte condizionate da trasformazioni culturali fin qui rimosse perché, nonostante possano aprirsi a tutte le potenzialità positive, alle chiese appaiono portatrici di temibili attentati alla conservazione dei valori tradizionali. I cattolici sono stati educati alle “certezze” della fede (e, del pari, chi non è credente al rifiuto di qualunque credenza religiosa), ma oggi, in primo luogo proprio per chi è religioso, non è più necessario che tra le discipline di una scuola doverosamente laica si collochi un’ “ora di religione” confessionale e tradizionalmente impostata: significherebbe che le chiese affidano allo Stato il compito della trasmissione della fede, dovere proprio delle famiglie e delle comunità di appartenenza. Il contesto internazionale, d’altra parte evidenzia la necessità di ridare senso a una materia che, comunque, resta importante per l’educazione e la formazione sociale.
Sic stantibus rebus in Italia vige un Concordato che esige l’ora di religione “cattolica” senza alcuna formale alternativa laica. Molti bravi docenti fanno da sé e cercano di dare senso al fatto religioso storicizzando il contesto delle diverse credenze; tuttavia manca nelle università (anche in quelle pontificie) una progettualità che dal teologico passi all’individuazione di metodi didattici e di competenze che tengano conto della globalizzazione culturale e della positività del pluralismo, anche religioso. Per la fede la formazione, ovviamente, è dovere specifico della famiglia e delle parrocchie. Anche questo libro di Pajer, come del resto gli altri, stimola il lettore – non solo docente o genitore – a cercar di capire le nuove situazioni in un ambito valoriale più ampio di quello puramente scolastico: la conoscenza che attraversa e impegna le scuole vale anche fuori dalle aule e serve per cogliere le differenze tra cristiani devoti che tengono alla tradizione, si oppongono all’educazione sessuale e usano la religione come se fosse solo un’etica, e altri che, da cristiani adulti, colgono l’affanno di papa Francesco a sentire l’esigenza riformatrice come questione di fondo della fede, ma anche della religione.
Giancarla Codrignani