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Adriana Valerio Maria di Nazaret Storia tradizioni dogmi

MARIA DI NAZARET

Adriana Valerio Maria di Nazaret Storia tradizioni dogmi

Probabilmente cristiani e non cristiani hanno, ciascuno in cuor suo, una Maria inopinatamente cresciuta dentro che sicuramente rimanda all’immagine della propria mamma e, altrettanto sicuramente, resiste, soprattutto per le donne, all’icona teologica costruita dalla Chiesa. C’è da credere che i sondaggi di un mercato che vede crescere l’interesse per il “sacro” (purtroppo comunque espresso) abbiano convinto Il Mulino a pubblicare ben due buonissimi libretti sulla madre di Gesù, ben diversi tra loro.

Adriana Valerio è una donna credente e una teologa post conciliare che ha compreso – e sofferto – i danni non dell’innocente secolarizzazione chiamata a fare da capro espiatorio dai tradizionalisti, ma della mancanza di coraggio dell’istituzione religiosa nell’aggiornare la trasmissione dei propri valori ormai in caduta libera. Come autrice de Il potere delle donne nella Chiesa ha da poco rifatto qualche conto sospeso sulle donne che hanno costruito una parte non piccola e tanto meno mediocre della storia della chiesa. Con questa nuova scrittura verifica il “Caso Maria“, come lo definisce nella premessa, “secondo “storia, tradizione, dogmi”, mentre nei vangeli canonici non è oggetto di grande narrazione ed è sorprendente che abbia avuto, perfino nell’Islam, culto e devozione senza pari. Ma dal Concilio di Efeso in avanti, è stata costruita clericalmente non tanto come sorella e “modello di ogni credente, donna e uomo”, ma come “madre e regina”. La “bella sposa” che nel Cantico dei cantici simboleggia la chiesa e che nella tradizione ortodossa è la Panaghìa, ma anche la Basilissa, ha dovuto assumere il riflesso del potere, diventando per dogma esclusivamente “madre di Dio”, “Libera da ogni peccato”, “Nata senza la tabe originale”, “Sempre vergine”. Un’immagine “funzionale alla cultura del clero maschile” in cui il femminismo ha visto la conferma dell’ “esilio del femminile da Dio”. E’ rimasta viva e vicina nella parte affettiva del culto popolare, in particolare nella pietà delle donne che ne sentono la vicinanza “di genere”: se papa Francesco sostiene la necessità di “distinguere il messaggio di vita dalla sua forma di trasmissione, dai suoi elementi culturali in cui un tempo è stato codificato” e teologi come Carlo Molari cercano di ridare senso ai valori simbolici contenuti nei dogmi, si può sperare che, a partire da quello che ha insegnato, sarà possibile liberare dalle ingessature la coraggiosa ragazzina palestinese a cui il Signore chiede se accetta un dono che le costerà caro e che il gentiluomo Giuseppe intende, ancor prima di condividere la sua scelta, salvare dai rischi della condanna per adulterio (e io credo che, quando i farisei gli portano davanti una ragazzina colpevole, Gesù resti in silenzio perché pensa proprio a sua madre).
Massimo Cacciare Generare Dio

Massimo Cacciari, oltre che essere un uomo e per giunta abbastanza complicato, è un filosofo solitamente arrampicato in vertici dialettici ardui e complessi; ma per Colei che ha accettato di “generare Dio” si è fatto coinvolgere emotivamente. Forse anche lui pensava a sua madre.
“E’ colei-che-genera, la Donna che ha generato il Figlio, tuttavia è anche colei che lo ha atteso, che lo genera senza conoscerlo,che lo cerca senza trovarlo, che lo trova e lo perde, che lo piange e lo ritrova o spera di ritrovarlo. È la donna nel cui grembo humilis si compie il primo atto della kènosis del Signore”. Una definizione che soddisfa al massimo sia il teologo, sia la teologa, che vede l’arcangelo Gabriele non portatore di alcun ordine: “non comanda a una serva” e “la Vergine osserva, medita e dubita” finché il Magnificat potrà erompere solo dopo il “reciproco riconoscimento” tra Maria ed Elisabetta. Cacciari pensa alle immagini della grande pittura italiana e a riflessioni di poeti, da Dante ad Auden o a Rilke e sottolinea – a partire dall’Annunciazione di Masaccio in cui sembra che sia lei a benedire l’angelo – la consapevolezza della donna, la “fanciulla che ha voluto essere madre”, che custodisce il figlio, ma “il suo sapere non esercita alcun potere su ciò che custodisce”, “impara soffrendo” che “il figlio non può essere compreso”, ma la continua tensione che lo lega a lei li renderà “indisgiungibili”. Detto da un uomo svela che ad ogni madre e ad ogni figlio capita proprio questo. Poi Cacciari non si infila nelle discussioni ecclesiastiche, ma riprende le dispute dei testi più antichi e della gnosi. Il filosofo mostra la sua grande dottrina, ma non ci si perde dentro: crede in sintesi che “nessun Logos potrebbe farsi carne da sé”.

Giancarla Codrignani

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