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MARIA MADDALENA EQUIVOCI STORIE RAPPRESENTAZIONI

Se le figure femminili presenti nei vangeli sono poco identificabili non è solo perché le leggiamo seguendo le stratificazioni culturali formatesi nel tempo, ma per l’irrilevanza in cui gli autori, uomini ebrei del loro tempo, tenevano le donne. Il limite si fa immediatamente evidente a partire da Maria, di cui si sa così poco, oltre all’essere stata la madre di Gesù, – che la storia della pittura offre ritratti della ragazza palestinese – che accettò la proposta di un dio che le aveva chiesto un consenso impegnativo – fatti molto più probabili delle interpretazioni clericali e teologiche che ne hanno fatto sostanzialmente un idolo. Unica a mostrare personalità propria nei riferimenti degli evangelisti e della letteratura apocrifa, è Maria detta di Magdala in particolare per la suggestione di una figura che si impone a prescindere dall’essere donna. Difficile quindi non tanto darle corpo, ma riprendere le fonti controverse e ambigue, e superare il valore simbolico affermatosi nei secoli: dopo la mirofora orientale dei primi tempi, la “peccatrice pentita” appare inesorabilmente impressa nella tradizione. Imposta da Gregorio Magno che, unificate nell’immagine della mirofora tutte le Marie delle scritture, condannò Maddalena all’esemplarità simbolica della “pentita” che, dopo le dissolutezze, divenne santa. Sulla scorta della cultura femminista le teologhe cristiane l’hanno recuperata come la capofila delle donne che seguirono Gesù facendo una scelta di autonomia non prima sperimentata, autorevole per la capacità di argomentare con il Maestro. Che non poteva non prediligerla, amarla, forse averla compagna. Ne derivò ai nostri giorni un’ermeneutica apparentemente disinvolta, se Edmondo Lupieri, teologo della Loyola University di Chicago, ha pensato di intitolare un suo libro collettaneo – edito per Carocci un paio d’anni fa – Una sposa per Gesù. Maria Maddalena tra antichità e postmoderno, recensito da sr. Marcella Farina, direttrice di Auxilium, pubblicazioni della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione, che non si è scandalizzata se “in un mondo postfreudiano” è normale “per un uomo – e Gesù fu uomo – avere una donna al suo fianco”, e vorrebbe “colmare il vuoto lasciato dalla distruzione del mito della prostituta pentita” e trovare una più vera Maddalena. Infatti Paolo non la menziona neppure e dagli evangelisti non si desumono giudizi definitivi: secondo Marco – commentava in un’intervista Lupieri – “non ci fa una bella figura” essendo solo una delle seguaci, mentre Luca “ci dice…che finanziava il movimento” gesuano, e per Matteo “la Maddalena e un’altra Maria si recano al sepolcro non per ungere il corpo di Gesù (che per Matteo era già stato unto a Betania)… e sono i primi esseri umani ad incontrare personalmente il Risorto”; poi “il racconto cambia ancora in Giovanni”. Il postmoderno new age ha proceduto con affabulazioni suggestive di narrazioni e film, a singolare riprova che il popolo cattolico non ha riserve moraliste ed è suggestionabile perfino da chi tiene un rosario in mano.
La questione di chi realmente fu Santa Maddalena è considerata una delle più importanti per la carica innovativa che proietta sulla lettura delle scritture e che va portata alla conoscenza comune. E’ dunque necessario fare ordine epistemologico, cercando di comunicare i risultati delle ricerche sull’autenticità anche simbolica con la massima accessibilità dottrinale. Arriva al momento giusto il libretto, piccolo solo perché in 127 pagine (comprese 7 di bibliografia) sintetizza una problematica complessa, di Adriana Valerio a offrire i risultati di una seria ricerca ermeneutica in forma limpidamente comunicativa, fondamentale per essere apprezzata non solo dalla società dei credenti, ma in primo luogo fruibile dalle donne interessate alla storia delle madri della chiesa. Adriana Valerio invita dunque un’opinione pubblica ampia a riflettere sul “caso Maddalena”, il caso della discepola che ha attraversato la storia senza farsi cancellare perché gli evangelisti l’hanno dovuta testimoniare come guida della sequela femminile e Giovanni ha attestato il mandato affidatole dal Maestro di annunciare la Resurrezione. In lei “sono presenti quegli elementi costitutivi dell’essere apostolo, sia quelli più ampi per chiamata indicati da Paolo di Tarso – l’aver visto il Signore risorto e l’essere mandato ad annunciarlo (Rom 1,1) -, sia quelli più ristretti descritti da Luca – essere testimone diretto della vita di Gesù (At 1, 21)”. Tuttavia lei non è entrata nella successione apostolica. Per questo né il suo nome né le altre donne compaiono nella lista delle sei apparizioni elencate da Paolo. Con la nascita dell’istituzione, la chiesa si confermò patriarcale uniformandosi non alla parola di Gesù, ma alla tradizione ebraica e pagana che condannava la donna all’inferiorità di genere. La letteratura apocrifa registra la diffidenza dei discepoli, gelosi dell’intelligenza di Maddalena che, più di loro cercatrice di verità, divenne la prediletta del Maestro. Infatti nella Pistis Sophia gnostica – le comunità gnostiche, a probabile prevalenza femminile, non escludevano le donne – si dice che “Pietro si fece avanti e disse a Gesù: Signore non possiamo sopportare questa donna, ci toglie l’occasione, non lascia parlare alcuno di noi, parla sempre lei”. Tuttavia, anche quando Agostino sarà benevolo e la indicherà come colei che ha riscattato Eva, interverrà l’interpretazione vincente di papa Gregorio Magno, “che ha portato la Chiesa d’Occidente a costruire un personaggio travisato e leggendario”. Stabilì infatti che i sette demoni non sono altro che “tutti i generi di vizi” e, a partire da Bernardo di Chiaravalle, dal Medioevo farà testo l’interpretazione della Maddalena pentita che contaminerà per sempre gli immaginari nella predicazione, nella teologia e nell’arte, che Adriana Valerio indaga anche in belle pagine di “immagini e simboli iconografici”. Non a caso questa Maddalena, donna peccatrice e pentita, fu scelta come “emblema della Controriforma” (ma Lutero non aveva su Maddalena alcuna visione innovativa). Era comunque rimasta una vena culturale alternativa che valorizzava l’apostola: passa da qualche citazione latina alla memoria della peregrinazione di Maddalena predicatrice attestata a Marsiglia: fu raccolta dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine e ripresa in libertà dalle autrici che sostennero e sostengono la causa delle donne, Cristina da Pissano, Caterina, le mistiche, Vittoria Colonna. Nel tempo presente, a partire da una suggestiva citazione del Faust di Goethe, prevalgono, a parlare di Maddalena, gli spiriti liberi laici, Marguerite Yourcenar, Josè Saramago e Alda Merini, autori e autrici giustamente amati da Adriana ovviamente più del Codice da Vinci. Ma ormai sono le teologhe a sentire che è troppo il danno che la Chiesa fa a se stessa con il disconoscimento delle donne e della loro cultura maturata nella discriminazione. Elizabeth Schlusser Fiorenza (In memoria di lei) propone ad accademiche, religiose e laiche il “metodo del sospetto” per cercare la presenza delle donne nel silenzio che copre la loro costante presenza, superando i limiti imposti da un potere clericale e gerarchico che non interessa le donne e non è fedele al vangelo. Maddalena è nuovamente un simbolo.
E il sessismo misogino della Chiesa ufficiale? Papa Francesco si sta misurando con un’opposizione interna nemmeno tanto occulta e l’argomento-donna è uno dei più ardui da affrontare nella società clericale a cui anche un papa appartiene, fatta di maschi celibi, autoreferenziali, presi dalle logiche del potere. Tornando alla Maddalena di Adriana e partendo del suo essere inequivocabilmente apostola, la presa di posizione di papa Francesco, che ha integrato la liturgia della festa di Maddalena con l’integrazione piena della sua apostolicità inserendo nella sua messa il prefazio come per gli altri dodici, ha aperto – a mio avviso – a provocazioni inedite sul senso della successione apostolica. C’è davvero una “Maddalena oltre Maddalena” non solo nel capitolo conclusivo dell’opera di Adriana.

Giancarla Codrignani

Valerio A., Maria Maddalena. Equivoci, storie, rappresentazioni, Il Mulino, Bologna 2020,  pp. 136.

Questa recensione è stata pubblicata dalla rivista “il tetto” (nn. 336-337/2020, pp. 128-131), che aderisce alla Rete dei Viandanti.

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