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IL GRIDO DEL POPOLO GUATEMALTECO
In memoria del vescovo Juan Gerardi

Ruota tutto intorno ad un unico concetto il libro di Anselmo Palini, quello della memoria, sia come ricordo di chi ha speso la propria vita fino al sacrificio di sé, sia come radice o fondamento di un percorso di ricostruzione della verità storica e della conseguente rinascita di interi popoli.
L’Autore da anni rievoca, con dovizia di particolari e riportando le loro stesse parole, la vita di molte personalità vissute negli anni più tragici del ‘900, che hanno operato attivamente per il bene, permettendo a tutti coloro che erano oppressi di ritrovare speranza e coraggio per proseguire nell’opera di realizzazione della giustizia e della pace.

Juan Gerardi è stato uno di questi profetici personaggi: non può essere lasciato nell’oblio. Nato in Guatemala – dove si erano insediati i suoi nonni provenienti dal Veneto, la mamma discendente da italiani – si lasciò penetrare da quel senso di appartenenza alla terra che costituisce l’anima di tutti i popoli latino- americani. Sacerdote e poi vescovo in una delle regioni più povere del suo paese, toccò con mano le sofferenze patite dai suoi fratelli ” indios “, decidendo di accompagnarli per tutta la vita nella lotta per l’emancipazione dallo sfruttamento, dall’oppressione e dalla miseria cui erano sottoposti per mano delle oligarchie che detenevano il potere.

La terra motiva la lotta (non violenta) del Vescovo, quella terra che anche i suoi genitori coltivavano e che costituiva l’essenza stessa della vita del suo popolo: una terra che, come dichiara un’altra grande testimone guatemalteca, Rigoberta Menchú, è sacra e Madre, perché ” è il nostro guardiano, protegge la nostra vita, perdona le nostre debolezze, castiga i nostri errori ed esalta le nostre buone azioni “; da secoli usurpata, sfruttata, impoverita, unitamente ai suoi abitanti, nel tempo era diventata sempre più limitata per la loro sopravvivenza, essendosene appropriati grandi latifondisti e multinazionali estere. Il grido di dolore che si leva dalle foreste, dai villaggi, dalle montagne del Guatemala trasforma la vita di Gerardi in una offerta totale, piena e incontrovertibile per il compimento della sua missione di consolazione e di sostegno dei suoi fratelli.

Juan Gerardi ha vissuto in uno dei periodi storici più cupi dell’America latina, quello delle dittature, negli anni che vanno dal 1960 sin verso il 2000. Quelli furono per la Chiesa cattolica mondiale e soprattutto per la Chiesa del centro e del sud America anni di straordinario rinnovamento, grazie allo svolgimento del Concilio Vaticano II, che provocò una ” rifondazione ” della Chiesa sud- americana, il distinguersi dalla Chiesa europea, la decisiva scelta di rileggere la propria storia alla luce di un Vangelo più attento alle istanze dei poveri e degli emarginati e non asservito agli interessi di pochi privilegiati. Si formulò una nuova teologia, la cosiddetta teologia della liberazione, si progettarono nuove pastorali, si formarono sacerdoti e animatori particolarmente attenti alle problematiche dei poveri di quei paesi, chiamati a divulgare la Buona novella favorendo al contempo un’opera di inculturazione rispettosa delle tradizioni dei discendenti delle civiltà del nuovo continente.

Da quel momento cominciò per la Chiesa e per tutte le popolazioni che aderirono a questo nuovo indirizzo teologico- pastorale una vera e propria persecuzione: stragi, assassinii, torture, devastazione di villaggi, terrore, emarginazione. Il vescovo Gerardi prese su di sé la croce del suo popolo e, rischiando più volte la vita, si mise al fianco dei più deboli, solo con la forza della sua fede, per cercare di “convertire ” chi deteneva il potere, rivendicando diritti e giustizia per i più poveri. Vero ” combattente ” portò il grido di dolore del popolo guatemalteco anche alle Nazioni Unite, perché tutto il mondo prendesse atto delle sofferenze che avevano patito, e ancora pativano, i paesi dell’America latina per mano anche di potenze straniere.

Quando nel 1994 iniziarono gli incontri per un accordo di pace fra il Governo del Guatemala e le forze della guerriglia, Gerardi propose alla sua Chiesa di procedere ad una operazione di recupero della memoria storica creando una ” commissione verità ” avente lo scopo di indagare su tutto quanto era avvenuto negli ultimi 40 anni in quel paese, al fine di “permettere alla Chiesa di predisporre un piano pastorale per cercare la riconciliazione e il perdono” e di favorire la ripresa della vita civile nel rispetto dei diritti di ognuno.

Ecco, di nuovo si torna al concetto di memoria: non si può costruire la pace lasciando cadere nell’oblio quanto è accaduto, favorendo l’impunità, attenuando le responsabilità, dimenticando le sofferenze patite da tanti innocenti. Occorre chiamare le cose per nome, non nascondersi, portare alla luce le manchevolezze e i peccati compiuti da tutti.

Juan Gerardi pagherà tragicamente l’avere portato a compimento questa ricerca difficile e dolorosa: due giorni dopo la presentazione del Rapporto finale emesso dalla Commissione, viene ucciso barbaramente. La sua voce, scomodissima, viene messa a tacere per sempre, ma ormai tutta la Chiesa guatemalteca, e non solo, è avviata su una strada di non ritorno: l’opzione per i poveri è definitiva e sarà a partire sempre dalla “memoria” che continuerà ad annunciare il Regno che viene.

Il suo sangue, unito a quello di migliaia di suoi connazionali, ha irrorato e fecondato la terra del Guatemala, facendo germinare nuove vocazioni e crescere uomini e donne consapevoli e responsabili del proprio futuro.

Ancora oggi in America latina si lotta per affermare la libertà, la dignità e il rispetto dei diritti ma il sangue versato da tanti martiri non è stato sparso invano. Perché come dice Davide M. Turoldo in un suo inno:

“Si può come te camminare sanguinando,
per segnare una strada e lasciare una traccia”.

Elisabetta Melegari

Anselmo Palini, Juan Gerardi. Nunca más. Mai più, Ave, Roma 2021, pp. 250.

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