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ELISA SALERNO
Una femminista cristiana

 

 

Nemo propheta in patria, sia che si annunci una profezia legata alla città e alla terra in cui si è nati e cresciuti, sia che ci si rivolga ad un territorio “ideale” come ad esempio la Chiesa, che di profeti è avvezza e che dovrebbe accoglierli e custodirli con la massima cura.

Elisa Salerno, il cui vero nome è Elisabetta, è sicuramente da considerarsi tale ma, come capita a tanti profeti, ha attraversato il suo tempo gettando semi che solo oggi germogliano, grazie alla curiosità e alla sollecitudine di studiosi, in massima parte donne, che hanno prima conservato e poi riportato alla luce il patrimonio spirituale, letterario, sociale e politico da lei faticosamente accumulato nel tempo.

Questo libro è un contributo prezioso alla riscoperta e all’apprezzamento dell’opera tenace e infaticabile che ha caratterizzato la sua esistenza, un degno omaggio ad una donna “lavoratrice del pensiero”, come lei stessa amava definirsi.

Dalla fine degli anni ’70, infatti, si riscopre quel giacimento di opere, scritti vari, romanzi e giornali che le nipoti, che hanno vissuto con lei per tutta la vita, hanno conservato dopo la sua morte in una soffitta e che sapientemente è passato nelle mani “protettrici” delle suore Orsoline di Vicenza che da quel momento se ne sono fatte carico, riordinandolo e permettendo, attraverso studi propri e di altri ricercatori, di far riaffiorare, come da una miniera abbandonata, un tesoro di vita e di cultura immenso.

Una bomba inesplosa, un vulcano soffocato sotto decenni di sedimentazioni, un fiume carsico che ha fluito in sotterranei percorsi ma non ha accettato di restare sepolto: il genio, lo spirito, la volontà, la fede hanno ritrovato la strada per far sentire la voce di questo monumento di donna. Di lei dice la pastora Lidia Maggi a pag. 147, parlando della critica della Salerno alla predicazione di San Paolo relativa alle donne, predicazione mal interpretata e strumentalizzata dalla Chiesa nei secoli: “Il suo è un grido di dolore che sorge dall’alto, in quanto rivelazione; un grido la cui udibilità è profondamente legata al suo essere credente”. Prima ancora, infatti, di mettere in discussione san Paolo, la Salerno, attraverso uno studio attento e puntuale delle Sacre Scritture, arriva a confutare l’interpretazione della Genesi e di altri testi dell’Antico Testamento, sollecitata dalle parole di Gesù: “Ma in principio non era così”.

Da questa imprescindibile chiave di lettura scaturiscono le sue battaglie a favore delle donne, perché l’aver operato fin dall’inizio una manipolazione dei testi a vantaggio del patriarcato, dominante da sempre nella società e in ugual misura nell’ambito religioso, ha provocato storture, aberrazioni e conseguenti rinnegamenti della vera natura femminile, da considerarsi invece tutt’uno con quella maschile, a conferma dell’unità voluta da Dio al momento della creazione.

Questo testo non è solo una biografia ma una rilettura appassionata – grazie ai contributi di scrittori, teologi, religiosi[1] – del suo pensiero, delle sue opere, delle sue scelte, delle sue “vocazioni” e pure delle sue sconfitte, dei suoi fallimenti, della sua solitudine sconfinata.

Sì, è stata una combattente solitaria, ridotta al silenzio, oltre che in povertà, da uomini di Chiesa e da personalità politiche, cui si è rivolta per ottenere il riconoscimento dei diritti delle donne di cui si è fatta paladina. Instancabile indagatrice dei “problemi femminili”- titolo anche del suo secondo e ultimo giornale, – soprattutto di quelli delle lavoratrici, di cui seppe cogliere la sofferenza, la discriminazione, la disparità nei diritti, la mancanza di tutele, lottò con ogni mezzo per vederne riconosciuta l’uguaglianza nel mondo del lavoro, in famiglia, nella società, nella Chiesa. Di fede incrollabile, non nascose la sua penetrante, lucidissima critica al mondo cattolico, all’atavico antifemminismo, perdurante nell’esegesi biblica e nella pastorale ordinaria, assoggettato agli interessi del mondo maschile e tendente a fornire della donna un’immagine distorta e succube.

Una donna che “è vissuta troppo presto” come viene definita, antesignana di quel femminismo che sarebbe esploso in Italia negli anni ’60, ma soprattutto capace, a partire da quel Dio di cui era “laicamente “(n. r.) innamorata, di leggere con occhi disincantati la distorta visione del mondo, in particolare di quello femminile.

La ripresa degli studi sulla sua personalità e sulla sua opera dimostrano che ciò che è profetico non può restare a lungo sottaciuto. Doverosa è ora questa riabilitazione perché, grazie a lei, alla sua umile testimonianza, pagata anche con scomuniche, censure, sconfessioni ad opera di ecclesiastici, Santa Sede e regime fascista, uno sguardo provocatorio ma costruttivo sul mondo cattolico e sulla società cosiddetta “cristiana” arriva fino a noi e ridà fiato a quei credenti che anelano ad una Chiesa meno potente e più evangelica, meno legata al denaro e più vicina alle povertà del nostro tempo.

Una lotta, la sua, mai finita, perché, nonostante le opere e le voci di tanti che in questi decenni hanno cercato di vedere concretizzato il Vangelo e quanto di esso ha messo in luce il Concilio Vaticano II, può capitare ancor oggi di dichiarare con assoluta franchezza di essere una “cristiana femminista” e di percepire il brivido che percorre la schiena dei sacerdoti in ascolto o di sentirsi caldamente (!) consigliare da un rappresentante del clero di “non pensare” ma di obbedire senza riserve…

Elisabetta Melegari
Membro del Gruppo Operativo dell’ Associazione Viandanti

A. Lombardo – D. Mottin ( a cura di), Il mondo di Elisa Salerno femminista cristiana, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano (VR) 2021, pp. 182.

[1] Saggi di: Antonia Arslan, Alba Lazzaretto, Lidia Maggi, Pietro Nonis, Elisabetta Giampaola Periotto, Marinella Perroni, Ermenegildo Reato, Sergio Spiller, Dario Vivian.

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