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ALL’INTERNO MA NON NEL CHIUSO
Voce di donna inascoltata

Già nell’introduzione del libro Antonietta Giacomelli. “All’interno, ma non nel chiuso!”, l’autore Pietro Urciuoli raccoglie ed elenca gli appellativi sprezzanti con cui fu definita la Giacomelli dai chierici di alto rango del suo tempo: “povera illusa”, “amazzone del cattolicesimo puro”, “signorina murrista”, “povera testolina”, “quaedam femina”.

Il lettore può così proseguire, informato fin dall’inizio che sta per leggere la storia di un personaggio controverso, che segnò e turbò la storia della Chiesa della seconda metà dell’800 e della prima metà del ‘900 e che volutamente fu tenuto nell’ombra.

Scomoda per la Gerarchia, attenta ai “segni dei tempi”

Antonietta Giacomelli, infatti, cresciuta in una famiglia nobile e facoltosa, educata in un ambiente colto e progressista, attraverso una precoce attività letteraria e un progressivo impegno nella vita sociale ed ecclesiale, diventò ben presto una figura scomoda per la gerarchia clericale. Pur senza farsene inglobare, si avvicinò a importanti movimenti “sospetti” del suo tempo come il modernismo, il femminismo, il murrismo. I suoi libri furono messi all’Indice e a lei venne addirittura interdetto temporaneamente di accostarsi ai sacramenti.

Eppure, proprio attraverso i suoi scritti e la sua adesione a movimenti nascenti o alla sua attività in gruppi da lei stessa promossi, la Giacomelli mostrò di saper cogliere anticipatamente quei fermenti che, ormai dopo la sua morte, animarono il Concilio Vaticano II. Fu capace di rendersi fattivamente attenta a quei “segni dei tempi” a cui Papa Giovanni XXIII, mentre convocava il Concilio Vaticano II e riprendendo le parole che l’evangelista Matteo mette in bocca a Gesù, avrebbe invitato i cattolici a prestare attenzione, affinché si realizzasse nella Chiesa una rinnovata comprensione del Vangelo e una fiduciosa disponibilità al dialogo con il mondo moderno.

Antonietta Giacomelli fu una donna attenta alla condizione sociale delle donne e partecipò al nascente movimento femminista. Seppe guardare ai bisogni delle classi meno abbienti della società e a seguito di un’esperienza francese, l’Union pour l’action morale, ripropose anche a Roma la stessa esperienza dando inizio all’Unione per il bene, associazione assistenziale che si distingueva per essere interconfessionale, aperta ad entrambi i sessi e formata da laici e presbiteri. Si mostrò aperta a una visione ecumenica della Chiesa e seppe cogliere e seguire in modo concreto quelle idee che ribollivano nella Chiesa francese e che furono principio della riforma liturgica. Tradusse infatti in italiano il rituale della Messa nel suo Adveniat Regnum tuum, affinché tutto il popolo potesse essere consapevole e partecipe del rito eucaristico. Ebbe una visione della Chiesa molto aperta tanto da affermare: “È falso ritenere che solo chi è materialmente battezzato sia membro della Chiesa e che solo chi è membro della Chiesa possa salvarsi” e ritenne fondamentale l’apporto del laicato e l’approccio ecumenico nell’agire ecclesiale.

Laica impegnata, “smaniosa per il bene”

Tutta questa “rage du bien”, smania per il bene, come la definiva il pastore Paul Sabatier suo ispiratore e corrispondente, che la Giacomelli viveva con visione profetica, viene raccontata nelle pagine di Pietro Urciuoli. L’Autore, dopo aver tracciato la biografia di Antonietta Giacomelli, sintetizza, attraverso numerose citazioni dei documenti conciliari, in che modo ella precorse quel tempo in cui la Chiesa avrebbe dovuto rinnovarsi mediante il Concilio. Lo fece vivendo consapevolmente e pienamente la sua condizione di donna battezzata, una condizione non certo facile da interpretare nella società e nella Chiesa se anche l’illuminato don Primo Mazzolari, citato da Urciuoli, nel dare una positiva testimonianza su di lei, non riesce a trovare avverbio migliore di “virilmente” per definire il modo in cui la Giacomelli affrontò e superò le prove che la gerarchia ecclesiastica le inflisse.

È interessante notare come Urciuoli nella seconda parte del libro inserisca un’antologia di scritti significativi della Giacomelli aiutando così il lettore a farsi un’idea di questo complesso personaggio in modo diretto, tramite le sue proprie parole.

Lezione e stimolo per una Chiesa ancora in cammino

In un momento in cui la Chiesa cattolica vuole nuovamente rinnovarsi attraverso un cammino sinodale, la lettura di questo libro può essere stimolante per riflettere nuovamente su temi che, intuiti dalla Giacomelli e rielaborati dal Concilio Vaticano II, quali l’ecumenismo, la condizione della donna, la partecipazione del laicato, il rinnovamento liturgico, non sono stati ancora totalmente assimilati da quel grande corpo che è la Chiesa universale.

Pietro Urciuoli conclude il suo scritto proprio indicando ai lettori la Giacomelli come “esempio di vita ecclesiale” perché seppe stare dentro la Chiesa, ma non come in un mondo chiuso e protetto; ci seppe stare con uno sguardo critico, non servile, sempre rivolto al dialogo col mondo esterno con le sue sollecitazioni e contraddizioni. Urciuoli termina allora dicendo che il motto della Giacomelli “All’interno, ma non nel chiuso” emblematico – come racconta il libro – di tutto il suo sentire e di tutto il suo operare, “per noi, oggi, può rappresentare la precondizione mentale per dare il nostro contributo al rinnovamento delle chiese cristiane“.

Anna Braghiroli

Pietro Urciuoli, Antonietta Giacomelli. “All’interno ma non al chiuso”, Gabrielli, Verona 2022, pp.159

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