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IL PRETE SCOMUNICATO CHE ISPIRA FRANCESCO

 

 

 

Giordano Bruno Guerri, storico, saggista e giornalista, noto studioso del ventennio fascista e dei rapporti fra italiani e Chiesa cattolica del XX secolo, aveva pubblicato una prima edizione di questo libro nel 2001, con il titolo Eretico e profeta, che servì a riaprire il dibattito fra gli specialisti e a far ripubblicare alcune sue opere.

Don Lorenzo Bedeschi (1915- 2006), considerato il massimo studioso del modernismo cattolico, per anni professore di storia contemporanea e di storia dei partiti e dei movimenti politici all’Università di Urbino, fu all’origine di una raccolta di oltre 500 firme per chiedere a tutte le agenzie culturali la rivalutazione della figura e dell’opera di Ernesto Buonaiuti a livello di non specialisti.

Un prete scomodo…

Il lavoro di Guerri – molto documentato e rigoroso, oltre che sulla bibliografia ufficiale di quasi 4000 scritti di Buonaiuti, è basato su una ricerca d’archivio che ha permesso la scoperta di una documentazione inedita. L’autore avverte che “questa nuova edizione del libro arriva fino ai nostri giorni, con l’aggiunta di un capitolo sulle scelte moderniste di papa Francesco e vuole ricordare a un pubblico più ampio un’ingiustizia inaccettabile. La prima edizione conteneva 26 pagine di note esclusivamente bibliografiche che sono state eliminate per rendere più agevole la lettura” e chi vuole può consultare la prima edizione.

Scorrendo l’indice si ha un’idea abbastanza precisa della materia, che è divisa in due parti: la prima intitolata “L’Eretico”, di oltre 300 pagine, dedica il cap. 1 (circa 50 pagine) all’Esplorazione di un candidato al martirio, cioè alla presentazione dell’ambiente d’origine di don Ernesto e della Roma in cui era cresciuto. Il suo ideale era Un cristianesimo semplice (cap. 2). L’attacco dei gesuiti (cap. 3) entra nel vivo della storia della persecuzione motivata dal suo modo di presentare Cristo e l’eucaristia (cap. 4) e condotta cinicamente con il metodo dello Spionaggio vaticano e “infanticidio” (il soffocamento del nascente metodo scientifico operato dalla enciclica Pascendi del 1907) descritto nel cap. 5, che lo portò al La prima scomunica (cap. 6). Il fascismo, il Partito Popolare (cap. 7) descrive come il metodo inquisitoriale e il costume curiale romano sia stato decisivo per aprire la strada al regime fascista, anche umiliando don Luigi Sturzo. Il cap. 8 è dedicato al famoso colloquio del 1924, concluso con la sentenza: “Avete un cervello troppo diverso dal nostro”; nel cap. 9 (Gemelli: “Dica un prezzo, don Ernesto, e sarà pagato) documenta il coinvolgimento del francescano fondatore dell’Università cattolica del Sacro Cuore nella politica persecutoria e venale, che mirava all’interesse esclusivo del Vaticano per concludere Il Concordato: “Così si opera nel nome del Vangelo” (cap. 10). Il cap. 11 (Buonaiuti parla alla Camera per bocca di Mussolini) spiega come il “duce” si avvalse degli appunti sulla storia del cristianesimo di Buonaiuti per far approvare il plebiscito in favore del concordato; a cui seguì il giuramento di fedeltà al fascismo imposto nel 1931 ai docenti universitari a cui solo 12 su 1500 risposero “Non giuro” (cap. 12) perdendo cattedra e stipendio. Poiché Buonaiuti era uno dei 12, scriverà “La mia vita era ora veramente allo sbaraglio” (cap. 13). Era il 1938 quando furono promulgate le leggi antisemite, e si schierò Contro Hitler e contro il razzismo (cap. 14) e La guerra e Pio XII (cap. 15) è l’occasione per pubblicare nuove scoperte d’archivio. La vita privata e la vita pubblica dello scomunicato “vitando” che si erano sempre intrecciate, hanno un sussulto drammatico nel luglio 1941 con la morte della madre Addio alla mamma, addio alla Chiesa (cap. 16) e il prete che aveva sempre lottato per conservare l’abito ecclesiastico anche contro la “sua” Chiesa, decide che “non è più soltanto la fine di un amore, finisce anche la nostalgia”. Ma Dopo i fascisti, i democristiani, i comunisti, i liberali (cap. 17) non fanno altro che proseguire la persecuzione per i motivi più abbietti, e la storia finisce: L’ultima battaglia, l’ultimo oltraggio (cap. 18) con la vittoria definitiva e completa della vittima sull’ipocrisia burocratica. Però è l’inizio della risurrezione.

… profeta per l’oggi e il domani della Chiesa

La seconda parte (“Il Profeta” pp. 311-360) è breve perché aperta al futuro e ha solo tre capitoli: Buonaiuti, Giovanni XXIII e il concilio ‒ Francesco, papa gesuita e modernista ‒ Conclusioni, per ora.

La lettura è avvincente, anche se Buonaiuti avrebbe sentito la mancanza dell’apparato critico per connaturata consuetudine. Si deve dare fiducia a Guerri contando sulla sua attendibilità di studioso anche per l’avvertenza citata in premessa. In un solo caso si attribuisce erroneamente al gesuita p. Virginio Rotondi il titolo “microfono di Dio” che spetta invece al suo confratello p. Riccardo Lombardi. Una svista macroscopica anche per i lettori occasionali, a p. 231.

L’ottica dell’autore (professionalmente storico) è sorprendentemente appassionata. Lo si avverte dalle citazioni con cui apre i singoli capitoli e dalla devozione per la persona di “don Ernesto”, che continua a definire “sacerdote” anche se lo stesso linguaggio conciliare consiglierebbe il termine “presbitero” (italianizzato in “prete”, per non perpetuare l’aura di sacralità tridentina che avvolge la persona del sacerdos contrabbandato per secoli come alter Christus).

Ma soprattutto è importante la lezione di storia d’Italia che – fedelmente narrata – mette a nudo la mai tramontata (per ora) infezione del clericalismo (e specularmente dell’anticlericalismo) all’italiana, sempre risorgente malgrado tutti i provvedimenti di “modernizzazione pastorale”. Lo stesso ‒ giustificatissimo ‒ anticlericalismo di Buonaiuti che si doveva esprimere nell’attaccamento “eroico” all’abito talare, doveva evidenziare quanto giusto sia il detto “l’abito non fa il monaco” visto che i burocrati suoi persecutori ne erano abbondantemente forniti, tanto al di qua che al di là del Tevere (e il doppiopetto non è affatto una garanzia, come neppure il colore delle camicie e i cappelli piumati di qualsiasi forma e per qualunque disciplina siano sfoggiati).

Particolarmente apprezzabile il cap. 17 (Dopo i fascisti, i democristiani, i comunisti, i liberali) per descrivere l’Italietta arraffona e perennemente inginocchiata, che non vuole ricordare i suoi profeti ma ha urgente bisogno di Santi, che preferisce organizzare funerali di Stato piuttosto che regolamentare il “fine vita” e i diritti di tutti alla renitenza, alla diserzione e alla nonviolenza. Speriamo che Ernesto Buonaiuti – come Socrate, Budda, Gesù di Nazaret – rimanga un eretico e non sia fatto Santo, almeno finché la religione è destinataria dell’ottopermille e il suo insegnamento è trattato come una materia da controllare non in sede scientifica ma burocratica.

Gianfranco Monaca

Recensione pubblicata sulla rivista IL FOGLIO (rete Viandanti) n° 494 – novembre 2022

 

Giordano Bruno Guerri, Eretico o santo. Ernesto Buonaiuti, il prete scomunicato che ispira papa Francesco, La nave di Teseo, Milano 2022, pp. 400.

 

 

 

 

 

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