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QUANDO LA CHIESA ASSOLVEVA I DIVORZIATI

La Chiesa ha il potere di assolvere tutti i peccati, anche l’aver infranto il patto coniugale. Non è teoria, è la prassi pastorale del Primo Millennio. La tesi, con le argomentazioni del caso, è di don Giovanni Cereti, teologo, già docente in diversi atenei pontifici. Il lavoro di don Cereti, impegnato da 40 anni e più su questo fronte, è stato sempre marginale e nascosto. Fino all’arrivo di Papa Francesco ed in vista del Sinodo 2014 sulla famiglia.

Nei giorni scorsi don Cereti ha svolto un intervento al convegno dell’Associazione Teologica Italiana (Ati) dove ha riassunto le sue tesi. Nelle ultime settimane è uscita la nuova edizione di un volume addirittura del 1977, intitolato «Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva», che espone in maniera ampia i fondamenti della sua analisi.

La Chiesa primitiva, nota Cereti, deve fare i conti con la realtà del peccato, sempre in agguato, nonostante la convinzione che con la vita nuova data da Cristo non si dovesse peccare più. E tra i peccati il più grave, oltre all’omicidio, era l’adulterio, anche sulla base del passaggio evangelico riportato in Matteo 5,32; 19, 2-9; in Marco  10, 1-12; Luca 16, 18. «Un tale peccato di adulterio – ha spiegato Cereti all’Ati – poteva essere assolto per cui coloro che dopo un anno o più di esclusione dall’Eucaristia e di sottomissione alla penitenza venivano riconciliati, erano riammessi nella comunità e potevano accedere alla comunione pur restando nel nuovo matrimonio». La base è il Canone 8 del Concilio di Nicea, che si riferisce agli eretici novaziani che vogliono rientrare nella Chiesa. Il Canone 8 spiega che per venire riammessi devono accettare apertamente una serie di dottrine, tra cui la riammissione alla comunione per chi si è sposato la seconda volta.

Don Cereti, dopo aver sottolineato l’autenticità del Canone 8, riportato in tutti i codici con i Decreti di Nicea, ha spiegato ai suoi colleghi teologi che «proprio di fronte all’errore dei novaziani che non volevano riconoscere alla Chiesa il potere di assolvere tutti i peccati, compresi ‘quelli che conducono alla morte’, la Chiesa cattolica ha preso più chiaramente coscienza del fatto che Cristo le ha affidato il potere di esercitare la misericordia nei confronti di qualsiasi peccatore, pentito e deciso ad iniziare una nuova vita secondo i dettami del Signore».  La Chiesa primitiva, riassume Cereti, poteva assolvere qualsiasi peccato perché interprete della misericordia divina; inoltre in quei tempi una volta posta fine alla prima unione si poneva «il problema di vivere bene e fedelmente nella seconda unione». Interpretazioni diverse sulle seconde nozze, in senso rigorista, come le conosciamo oggi, sono entrate nella Chiesa solo nel secondo Millennio.

Nel libro, giunto oramai alla terza edizione, don Cereti analizza in maniera più dettagliata e diffusa la problematica, con un’approfondita discussione delle soluzioni del presente di fornte alla casistica delle separazioni e delle unioni civili e della prassi della Sacra Rota. Così il confronto con la prassi della Chiesa primitiva si fa stringente.

Per concludere che la soluzione «penitenziale» della Chiesa primitiva, come risalta dalle fonti consultate, «corrisponde alla concezione attuale del matrimonio come ‘comunione di amore e di vita’ più della già ricordata ‘prassi approvata per il foro interno’ che consiste nell’invito a vivere ‘nella nuova unione come fratello e sorella’ al fine di poter ricevere l’eucaristia, quasi che l’essenza di un’unione coniugale consistesse solo nell’esercizio degli atti coniugali. Essa infine consentirebbe una maggiore valorizzazione del sacramento della riconciliazione (…). La remissione di questi peccati più gravi, attraverso tale sacramento, eventualmente anche in qualche forma pubblica, una volta che è accertato il pentimento per il passato e la sincera buona volontà di una vita nuova per l’avvenire, potrebbe costituire l’occasione per un riavvicinamento alla fede di molti che oggi si sentono esclusi dalla comunione ecclesiale e nello stesso tempo per una forte rivalutazione dello stesso sacramento della riconciliazione nella coscienza dei cristiani».

Tesi, ci spiega a voce don Cereti, che hanno suscitato un rinnovato interesse, sia per l’ampiezza della documentazione, sia per la nuova consapevolezza di dare una soluzione ad un problema oggi molto vivo e sentito, ed in vista del Sinodo dei vescovi del prossimo ottobre.

Fabrizio Mastrofini
(tratto da “www.vaticaninsider.it”)

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