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TINA ANSELMI

TRENT’ANNI FA LA COMMISSIONE ANSELMI SULLA LOGGIA P2

Albertina Soliani 

TINA ANSELMITrent’anni fa Tina Anselmi consegnava al Parlamento la relazione finale della Commissione d’inchiesta sulla Loggia P2.
Un documento drammatico sulla nostra democrazia.

Istituita nel settembre 1981, dopo le carte rinvenute negli uffici di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo), negli anni in cui l’Italia era sconvolta da uccisioni e stragi (prima Mattarella, Bachelet, Ustica, Bologna, poi Pio La Torre, il Prefetto Dalla Chiesa, e altri), la Commissione indagò, fino al luglio 1984, sul potere occulto, ramificato, parallelo che tentava di condizionare la vita politica italiana.

In un’aula semideserta
Quando, il 6 gennaio 1986, Tina Anselmi intervenne a Montecitorio in un’Aula semideserta per la discussione e l’approvazione della sua relazione, così definì il “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli: “il più dotato arsenale di pericolosi e validi strumenti di eversione politica e morale”. La Loggia Propaganda 2 ispirata e guidata da Licio Gelli è operante dal 1965 al 1981. Risulteranno coinvolti tre Ministri della Repubblica, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, i capi dei Servizi Segreti, ventiquattro generali e ammiragli, cinque generali della Finanza, compreso il Comandante, parlamentari, imprenditori, il direttore del Corriere della Sera, il direttore del TG1, banchieri, diciotto magistrati. La P2 ha gestito il caso Sindona, risulterà responsabile di depistaggi e coperture, era massicciamente presente nel Comitato di crisi del Viminale al tempo del rapimento Moro. Colpisce e spaventa l’intreccio con i fatti oscuri della Repubblica in quegli anni, tra il mondo politico, gli affari, la strategia della tensione.

Ricordare quell’evento significa assumere il coraggio di guardare fino in fondo i rischi che ha corso la giovane democrazia italiana, i lutti e le stragi che hanno accompagnato quegli anni a partire dal rapimento e dall’uccisione di Aldo Moro, le mutazioni dei decenni successivi che lo stesso Piano di rinascita sembrò ispirare. Dopo il crollo della Democrazia Cristiana andava al Governo Silvio Berlusconi, tessera n. 1816 della Loggia P2. Da allora l’Italia ha vissuto lunghi anni oscillando tra la rassegnata assuefazione ad una “visione politica che tende a situare il potere negli apparati e non nella comunità dei cittadini politicamente intesa” e la spinta a riprendere lo slancio democratico della Costituzione italiana.

Propaganda 2 (P2): una metastasi
La relazione Anselmi è la voce di un popolo che chiede di sapere, di sapere di sé. Che oggi ci dice quello che siamo stati, quello che siamo. Mettendo in luce il progetto politico eversivo contro la democrazia messo in atto in quegli anni, quel documento svela la grande ambiguità che ha consentito, e può ancora consentire, al potere di apparati oligarchici e occulti di tenere in pugno un Paese sottraendolo alla sovranità dei cittadini. Era in gioco l’ordinamento democratico. Una metastasi, come la definì Tina Anselmi, colpiva le istituzioni. Una insidia, metterà in guardia Tina “per tutti noi perché essa colpisce il sistema nella sua intima ragione di esistere, la sovranità dei cittadini, ultima e definitiva sede del potere che governa la Repubblica”. Sono parole lapidarie che hanno la forza di quelle di Pericle quando, nella piazza di Atene di duemilacinquecento anni fa, spiegava agli ateniesi che la loro Costituzione si chiamava democrazia perché il governo apparteneva ai più, non ai pochi. Per Tina era in gioco, in quegli anni, qualcosa di definitivo per noi, la democrazia. Un bene che è sempre nelle nostre mani.

Ricordo ancora il mio turbamento quando un giorno Tina mi consegnò, mentre in treno andavamo da Roma a Bologna, copia del Piano di Gelli perché lo leggessi.
In quel passaggio drammatico per la vita del Paese, in quella notte della Repubblica che abbiamo attraversato, la coscienza civile dell’Italia è tutta racchiusa nella relazione di Tina. Quella relazione attendeva risposte, che non ci furono in misura adeguata. “Aspetto ancora risposte”, dirà più tardi Tina. Tina sapeva che senza quelle risposte il fenomeno poteva ripresentarsi. Molti anni dopo, infatti, si parlò di P3 e P4.

La libertà si paga
Donna coraggiosa, giovane staffetta partigiana, sindacalista, formatasi nelle file dell’Azione Cattolica e dell’Università Cattolica, parlamentare della Democrazia Cristiana e prima donna Ministro, costruisce lo stato sociale con il servizio sanitario nazionale e la legge che chiude i manicomi. Con la sua forte cultura democratica opera decisamente per il cambiamento sociale e culturale del Paese. Con questa storia alle spalle Tina Anselmi affrontò la sfida della Commissione d’inchiesta sapendo che avrebbe pagato dei prezzi. “Passavo in Parlamento e non mi salutavano”. Altri dicevano: “ma cosa vuole questa Tina”.

Una mattina trovò un pacco bomba sulla finestra della sua casa a Castelfranco Veneto. Una pubblicazione di Palazzo Chigi “Le Italiane”, nel 2004, tenta di ferirla e di distruggerne il profilo. Pensavano di spaventarla, di fermarla. Dopo, non fu più rieletta in Parlamento; nel suo collegio elettorale in campagna elettorale circolava un foglio, “Il Piave”, di Licio Gelli. Ha pagato con una parte della sua vita. L’aveva detto. “La libertà si paga”.  Tina è stata lo scudo, con la sua persona e con la sua vita. Sola.

Solo una grande passione democratica poteva far luce sulle doppiezze, i ricatti, le opacità, l’illegalità e la corruzione che la Loggia P2 aveva alimentato. La grande passione di Tina che, ricordando gli anni della sua adolescenza impegnata per la libertà, con il nome di Gabriella, era solita ripetere: “Capii allora che per cambiare il mondo bisogna esserci”.

Un impegno con passo deciso
Tutto l’impegno politico di Tina Anselmi è stato come una luce non solo sull’abisso che abbiamo avuto di fronte ma anche sul presente. Sulla portata del cambiamento necessario perché la democrazia viva. Un cambiamento di mentalità, di cultura, di comportamenti. Tina ha saputo resistere, durante la guerra, di fronte ai partigiani impiccati agli alberi della piazza di Bassano del Grappa, sul crinale tra civiltà e barbarie, e quarant’anni dopo di fronte al potere di pochi che insidiavano la sovranità del popolo. Una donna a servizio del Paese. Una donna a difesa della Repubblica. La donna più amata dell’Italia democratica, perché la vita di Tina è una battaglia unica per la libertà e il suo valore: per riconquistarla nella Resistenza, per difenderla difendendo la Repubblica, per alimentarla con il passaggio continuo di testimone alle donne e alle giovani generazioni.

Una donna che ha dato forza alle donne italiane. La più credibile. La ricordo nel 1995 a Pechino, alla Conferenza Mondiale delle Donne promossa dall’ONU. Incontrava le donne di tutti i continenti con il suo sorriso, con la sua forza ideale e politica, con la sua schiettezza. Si capivano.

Più tardi a Tina è stata affidata la Commissione d’inchiesta sui fatti accaduti in Somalia e poi quella sulle conseguenze delle leggi razziali sulla comunità ebraica. Un impegno, quello di Tina, che attraversa la storia italiana con il passo deciso.

Una lezione sempre viva
Aveva il senso molto lucido della democrazia come impegno di ciascuno, soprattutto dei giovani. Sapeva che la democrazia può vivere e può morire, e che non è una stagione di pochi giorni.

La ricordo a Milano, alcuni anni fa: “La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo”. Solo questo potrà riscattare la politica dai suoi errori, dai suoi tradimenti.

La lezione di Tina è ben viva. Tina ha vinto perché la sua speranza vive.
Anche nei nostri giorni, di fronte all’indebolirsi del senso della comune appartenenza, del valore della politica e delle istituzioni, di fronte a una generazione, anche politica, che sembra senza storia né memoria.
Tina, oggi ottantasettenne, vive nella coscienza vigile degli italiani. La sua vita solare è lo specchio dell’Italia migliore. Dell’Italia delle donne.

Albertina Soliani
Già senatrice, socia fondatrice di Viandanti

3 Commenti su “TRENT’ANNI FA LA COMMISSIONE ANSELMI SULLA LOGGIA P2”

  1. Grazie, Senatrice, di questo appassionato ricordo, che riporta alla mia mente questa grande figura. La domanda che ne nasce è: come vivere l’oggi con la stessa lucidità e coraggio?
    Teresina Caffi

  2. Mi inchino davanti a questa donna; Tina Anselmi, ma d’altra parte scuoto la testa davanti al fatto che rappresenti una delle poche eccezioni ad un sistema politico, totalmente d’altro tipo… Ci ritroviamo a ritenere santa una donna che dovrebbe rappresentare la normalità nell’azione politica.

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