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Francesco e Bartolomeo

FRANCESCO E BARTOLOMEO I. ALLA RICERCA DELL’UNITÀ DELLA CHIESA

Francesco e Bartolomeo

Il 30 novembre scorso, il Vescovo di Roma, Francesco, durante la sua visita al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (l’odierna Istanbul), in occasione della festa liturgica dell’apostolo Andrea (patrono della Chiesa di Costantinopoli), ha partecipato con Bartolomeo I alla Divina Liturgia nella Chiesa di San Giorgio del Patriarcato ecumenico.
Al termine della celebrazione c’è stato uno scambio di discorsi, dei quali riportiamo i passaggi principali, con significativi accenni di novità per il cammino verso l’unità delle due Chiese.   

Dal discorso del Vescovo di Roma Francesco
[…] Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione alla quale tendiamo. Tutto ciò precede e accompagna costantemente quell’altra dimensione essenziale di tale cammino che è il dialogo teologico. Un autentico dialogo è sempre un incontro tra persone con un nome, un volto, una storia, e non soltanto un confronto di idee. 

Un incontro trasformante
Questo vale soprattutto per noi cristiani, perché per noi la verità è la persona di Gesù Cristo. L’esempio di sant’Andrea, il quale insieme con un altro discepolo accolse l’invito del Divino Maestro: «Venite e vedrete», e «quel giorno rimasero con lui» (Gv 1,39), ci mostra con chiarezza che la vita cristiana è un’esperienza personale, un incontro trasformante con Colui che ci ama e ci vuole salvare. Anche l’annuncio cristiano si diffonde grazie a persone che, innamorate di Cristo, non possono non trasmettere la gioia di essere amate e salvate. Ancora una volta l’esempio dell’apostolo Andrea è illuminante. Egli, dopo avere seguito Gesù là dove abitava ed essersi intrattenuto con Lui, «incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù» (Gv 1,40-42). È chiaro, pertanto, che neanche il dialogo tra cristiani può sottrarsi a questa logica dell’incontro personale.

Non è un caso, dunque, che il cammino di riconciliazione e di pace tra cattolici ed ortodossi sia stato, in qualche modo, inaugurato da un incontro, da un abbraccio tra i nostri venerati predecessori, il Patriarca Ecumenico Atenagora e Papa Paolo VI, cinquant’anni fa, a Gerusalemme, evento che Vostra Santità ed io abbiamo voluto recentemente commemorare incontrandoci di nuovo nella città dove il Signore Gesù Cristo è morto e risorto. 

A 50 anni dall’Unitatis redintegratio
Per una felice coincidenza, questa mia visita avviene qualche giorno dopo la celebrazione del cinquantesimo anniversario della promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II sulla ricerca dell’unità di tutti i cristiani, Unitatis redintegratio. Si tratta di un documento fondamentale con il quale è stata aperta una nuova strada per l’incontro tra i cattolici e i fratelli di altre Chiese e Comunità ecclesiali.

In particolare, con quel Decreto la Chiesa cattolica riconosce che le Chiese ortodosse «hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli» (n. 15). Conseguentemente, si afferma che per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani di oriente e occidente è di somma importanza conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio delle Chiese d’Oriente, non solo per quello che riguarda le tradizioni liturgiche e spirituali, ma anche le discipline canoniche, sancite dai santi padri e dai concili, che regolano la vita di tali Chiese (cfr nn. 15-16). 

Né sottomissione, né assorbimento
Ritengo importante ribadire il rispetto di questo principio come condizione essenziale e reciproca per il ristabilimento della piena comunione, che non significa né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo. Voglio assicurare a ciascuno di voi che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell’insegnamento della Scrittura e della esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze: l’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse. Tale comunione sarà sempre frutto dell’amore «che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5), amore fraterno che dà espressione al legame spirituale e trascendente che ci unisce in quanto discepoli del Signore. […] 

*  *  *  * 

Dal discorso del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I
[…] Conserviamo ancora fresco nel nostro cuore il ricordo del nostro incontro con Vostra Santità in Terra Santa, in devota comune adorazione del luogo ove è nato, ha vissuto, ha insegnato, ha patito, è risorto ed è asceso dove era in precedenza, il Maestro della nostra fede, ma anche in memoria riconoscente dello storico evento, che lì si sono incontrati i nostri predecessori di beata memoria Papa Paolo VI ed il Patriarca Ecumenico Atenagora.

Una via senza ritorno
Grazie al loro incontro in Terra Santa, cinquanta anni orsono, il corso della storia ha cambiato direzione, i cammini paralleli e talvolta contrastanti delle nostre Chiese si sono incontrati nel comune sogno del ritrovamento della loro unità perduta, l’amore raffreddato sì è riacceso e si è ritemprata la nostra volontà di fare tutto ciò che possiamo, affinché spunti di nuovo la nostra comunione, nella stessa fede e nel Calice comune. Da allora si è aperta la via verso Emmaus, una via magari lunga e talvolta ardua, senza ritorno, mentre il Signore ci accompagna in modo invisibile fino a che Egli si riveli a noi: “nello spezzare del pane” (Lc. 24,35).

Tutti i successori di quelle guide ispirate hanno percorso da allora e percorrono tale via, istituendo, benedicendo e sostenendo il dialogo di amore e di verità tra le nostre Chiese per la rimozione degli ostacoli che per un intero millennio si sono accumulati nelle relazioni tra di esse, dialogo tra fratelli e non come un tempo tra rivali, con sincerità, dispensando rettamente la parola di verità, ma anche rispettandosi a vicenda come fratelli.

In questo clima caratterizzato da un comune cammino, nel ricordo dei nostri predecessori, accogliamo oggi anche Voi, Santissimo Fratello, quale latore dell’amore dell’Apostolo Pietro, verso il suo proprio fratello, l’Apostolo Andrea, il Primo Chiamato, del quale oggi celebriamo festosamente la sacra memoria.

Secondo una sacra consuetudine, stabilitasi e osservatasi già da decenni dalle Chiese della Antica e della Nuova Roma, le loro rappresentanze ufficiali si scambiamo visite l’un l’altra durante le feste patronali, affinché anche in questo modo sia manifesta la fraternità dei due Apostoli Corifei, i quali assieme hanno conosciuto Gesù e hanno creduto in Lui come Dio e Salvatore. Gli stessi hanno trasmesso tale fede comune alle Chiese, che hanno fondato grazie alla loro predicazione e che hanno santificato con il loro martirio.

La fede comune fondamento dell’unità
Tale fede comune è stata vissuta e dogmatizzata dai comuni Padri delle nostre Chiese, riunitisi da Oriente e Occidente nei Concili ecumenici, dandola in eredità alle nostre Chiese, come incrollabile fondamenta della nostra unità. Questa fede, che abbiamo conservato in comune in Oriente ed in Occidente per un millennio, siamo chiamati di nuovo a porre come base della nostra unità, cosicché “rimanendo unanimi e concordi” (Fil. 2,2-3) passiamo più oltre con Paolo “dimenticando ciò che sta alle spalle e protesi verso ciò che sta di fronte” (Fil. 3,14).

Perché, veramente, Santissimo Fratello, il nostro dovere non si esaurisce nel passato, ma principalmente si estende, soprattutto ai nostri giorni, al futuro.
Perché, a cosa serve la nostra fedeltà al passato, se questo non significa nulla per il futuro? A cosa giova il nostro vanto per quanto abbiamo ricevuto, se tutto ciò non si traduce nella vita per l’uomo e per il mondo di oggi e di domani? “Gesù Cristo è sempre lo stesso , ieri e oggi e nei secoli” (Eb. 13, 8-9). E la sua Chiesa è chiamata ad avere il suo sguardo volto non tanto all’ieri, quanto all’oggi e al domani. La Chiesa esiste per il mondo e per l’uomo e non per se stessa.[…]

Un primato di servizio nel quadro della sinodalità
Santità, il Vostro ancora breve cammino alla guida della Vostra Chiesa, Vi ha consacrato nella coscienza dei nostri contemporanei, araldo dell’amore, della pace e della riconciliazione. Insegnate con i Vostri discorsi, ma soprattutto e principalmente con la semplicità, l’umiltà e l’amore verso tutti, per i quali esercitate il Vostro alto ufficio. Ispirate fiducia agli increduli, speranza ai disperati, attesa a quanti attendono una Chiesa amorevole verso tutti. Tra le altre cose, offrite ai Vostri fratelli Ortodossi, la speranza che durante il Vostro tempo, l’avvicinamento delle nostre due grandi antiche Chiese continuerà a edificarsi sulle solide fondamenta della nostra comune tradizione, la quale da sempre rispettava e riconosceva nel corpo della Chiesa un primato di amore, di onore e di servizio, nel quadro della sinodalità, affinché “con una sola bocca ed un sol cuore” si confessi il Dio Trino e si effonda il Suo amore nel mondo.

Santità, la Chiesa delle Città di Costantino, che accoglie Voi oggi innanzitutto con amore e grande onore, ma anche con profonda riconoscenza, porta sulle proprie spalle una pesante eredità, ma anche una responsabilità sia per il presente che per il futuro. In questa Chiesa, la Divina Provvidenza attraverso l’ordine costituito dai Santi Concili Ecumenici, ha assegnato la responsabilità del coordinamento e dell’espressione dell’omofonia delle Santissime Chiese Ortodosse Locali. Con questa responsabilità lavoriamo già accuratamente per la preparazione del Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa, che si è deciso di convocare qui, a Dio piacendo, entro l’anno 2016. Già le commissioni competenti lavorano alacremente alla preparazione di questo grande evento nella storia della Chiesa Ortodossa, per il cui successo, chiediamo anche le Vostre preghiere.

Nell’attesa di un comune Concilio ecumenico
Purtroppo, la rottura millenaria della comunione eucaristica tra le nostre Chiese non permette ancora la convocazione di un grande comune Concilio Ecumenico. Preghiamo dunque che, ristabilita la piena comunione tra di esse, non tardi a sorgere anche questo grande ed importante giorno. Fino a quel benedetto giorno, la partecipazione di entrambe le nostre Chiese alla vita sinodale dell’altra, si esprimerà attraverso l’invio di osservatori, come già succede, su Vostro cortese invito, durante i Sinodi della Vostra Chiesa e come – speriamo -, vogliamo succeda, con l’aiuto di Dio, anche durante la realizzazione del nostro Santo e Grande Sinodo.

Santità, i problemi, che la congiuntura storica innalza davanti alle Chiese, impongono a noi il superamento della introversione e il fatto di affrontarli per quanto possibile con più strette collaborazioni. Non abbiamo più il lusso per agire da soli. Gli odierni persecutori dei Cristiani non chiedono a quale Chiesa appartengono le loro vittime. L’unità, per la quale ci diamo molto da fare, si attua già in alcune regioni, purtroppo, attraverso il martirio. Tendiamo dunque insieme la mano all’uomo contemporaneo, la mano del solo che è in grado di salvarlo per mezzo della Croce e della Sua Resurrezione.

 

1 Commento su “FRANCESCO E BARTOLOMEO I. ALLA RICERCA DELL’UNITÀ DELLA CHIESA”

  1. Grazie di averci dato con questi due testi, l’essenziale dell’incontro tra Francesco e Bartolomeo I.
    Teresina

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