Il testo che segue è il frutto di uno dei “Cantieri di Betania” animati dalla Rete Cammino sinodale Chiesa italiana, alla quale partecipa anche Viandanti. “Cantieri di Betania” è l’iniziativa che ha caratterizzato il secondo anno del Cammino sinodale della Chiesa Italiana.
Il tema della celebrazione eucaristica è stato oggetto di attenzione nella consultazione effettuata in tutta la Chiesa, nel 2021-2022, per il Sinodo dei Vescovi e le sue criticità (omelia, distanza dal vissuto, linguaggio, …) hanno trovato eco nella sintesi “Allarga lo spazio della tua tenda” elaborata dalla Segreteria generale del Sinodo. Anche il Gruppo sinodale di Viandanti aveva affrontato e inviato il proprio contributo sul nucleo tematico “Celebrare”, uno dei dieci proposti per la consultazione (v. qui).
Il lavoro di questo “Cantiere”, condiviso da molte realtà oltre a Viandanti, prosegue il confronto su questo tema centrale per la vita della Chiesa e cerca di fare alcune proposte in positivo per superare le innegabili criticità.
Per adeguarlo all’utilizzo di editoriale del sito sono stati effettuati tre interventi redazionali: l’assegnazione del titolo (diverso dall’originale), la modifica dei titoletti dei paragrafi e il taglio di qualche passaggio che è opportunamente segnalato. Il testo integrale si può leggere qui.
Il testo originale è corredato anche da un allegato con otto testimonianze di esperienze celebrative in piccole comunità, che si può leggere qui. [V]
** ** **
Il brano dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) – ci piace pensare Cleopa con sua moglie Maria, secondo quanto leggiamo in Gv 19,25 – potrebbe essere un’icona per ripensare e rinnovare la “cena del Signore” in modo più fedele all’Evangelo.
L’icona di Emmaus
Lungo la strada nel momento di scoraggiamento e delusione mentre si cammina nella direzione sbagliata arriva inaspettata la Parola che si fa prossima. Le azioni di Gesù in questa narrazione sono il primo passo della Liturgia della Parola. […] Liturgia della Parola e omelia per scaldare il cuore, far cambiare la direzione, operare la metanoia. Parola e omelia per la vita come “lampade per i nostri passi “.
Poi sostare nell’osteria, luogo del quotidiano, della gioia della mensa.
Banchettare insieme per riconoscere la presenza amorosa di Gesù nello spezzare il pane di vita da condividere con tutte/i. L’ allegria del vino come a Cana per dare speranza.
Il cuore che arde ci invia in missione nella vita, per un’altra strada (come i Magi), ad annunciare la bella notizia dell’Evangelo per tutte e tutti.
“Fate questo in memoria di me” significa la celebrazione nella vita spezzata e donata per gli altri, per le altre. Celebrare in casa significa che ciascuna/o porta un pezzo della sua vita, che diventa pane spezzato, condiviso.
Da qui si riparte per riconoscere, come segno dei tempi, che coloro che non “vanno a messa” ma vivono con passione la loro esistenza donata celebrano lo stesso, in modo autentico, l’eucaristia domenicale e sono discepole e discepoli del Maestro.
Da qui si riparte con alcune proposte per una più partecipata e rinnovata celebrazione dell’eucaristia, nel linguaggio e nei gesti. Sono proposte che scaturiscono dalla nostra coscienza e responsabilità di essere popolo di Dio.
Una ricchezza da non perdere
La diversità di terminologia costituisce una ricchezza di significati che varrebbe la pena non perdere insistendo semplicemente su uno di essi.
Frazione del pane. Tra i cinque pani e i due pesci per i cinquemila che stavano sulle rive del lago di Tiberiade, l’ultima cena a Gerusalemme e la cena di Emmaus c’è una continuità segnata dal gesto della frazione del pane. Un gesto capace di esprimere la passione di tutta una vita, una vita appunto spezzata per la condivisione di tutte/i. Un gesto che è passato a identificare la persona stessa del Signore.
Cena del Signore. È Paolo che alla chiesa di Corinto raccomanda di salvaguardare la dignità della Cena del Signore. Si tratta di una vera e propria celebrazione liturgica della comunità di Corinto, ed è quindi importante constatare che nella chiesa apostolica esisteva già quella celebrazione, da Paolo appunto chiamata Cena del Signore, che a differenza della Cena pasquale ebraica si celebrava non una sola volta all’anno, ma tutte le domeniche, e che la tradizione non tarderà a identificare nell’eucaristia.
Eucaristia. Già nella Didaché la celebrazione in cui si spezza il pane appare con il nome di Eucaristia che divenne ben presto la denominazione più comune e più caratterizzante della celebrazione e che esprime la sua origine giudeo-cristiana. Eucaristia infatti è la trasposizione greca del termine ebraico berakah, ed è usata per denominare tutto il rito a partire dall’elemento più determinante e specifico di esso, la preghiera di ringraziamento, e la ricollega al contenuto originario della preghiera di Gesù.
Messa. La traduzione della parola latina ’Missa’ con ‘Messa’ è il risultato di una evoluzione complessa che si conclude all’inizio del VI secolo quando l’ultima parola che chiudeva l’azione liturgica ha dato il nome all’intera celebrazione. Secondo una traduzione, “Ite, missa est” significherebbe: “Andate, è il congedo”; un’altra possibile interpretazione intende che “(l’eucaristia) è stata inviata”, con un riferimento dunque all’orizzonte missionario aperto da ogni celebrazione eucaristica.
Ripensare la presidenza
La continua disaffezione alla partecipazione domenicale ha tanti motivi ben noti a tutte/i. Ci sta a cuore mettere in evidenza la pressoché totale staticità e immobilità del popolo di Dio, ridotto a mero spettatore di un rito gestito e governato dal prete.
Abbiamo operato nella Chiesa una sorta di risacralizzazione del sacerdozio, desacralizzato proprio dall’annuncio profetico di Gesù di Nazaret, unico sacerdote, costringendo così la partecipazione del popolo di Dio in ambiti molto ristretti. Crediamo necessario ribadire la dignità del popolo delle/i battezzate/i come soggetto a pieno titolo della memoria del Signore che si celebra nella pasqua settimanale. Il soggetto celebrante è l’assemblea come comunità sacerdotale (cfr. 1Pt 2,9).
Riteniamo altresì sia necessario ripensare il ruolo e il servizio del presbitero: la presidenza è erroneamente vista come movimento dall’alto verso il basso e la partecipazione viene declinata come concessione di una pienezza del ministero che viene dal prete. […]
Un linguaggio ispirato alle letture e alla contemporaneità
Da questa consapevolezza derivano una serie di proposte che crediamo siano urgenti in vista di mettere in atto un linguaggio che sia espressione del mistero e al tempo stesso in grado di arrivare al cuore e alla mente del popolo di Dio. Nelle parole dei sinottici e di Paolo la morte di Gesù è un gesto di oblatività amorosa: egli ha dato la sua vita come dono d’amore. Nei testi liturgici attuali ricorre in maniera quasi ossessiva invece la terminologia ‘sacrificale’, al punto che alle parole sul pane si aggiunge: “offerto in sacrificio per voi”. Parole che però non sono scritte nel Vangelo, dove si dice solamente: “Questo è il mio corpo dato per voi”. Nella formula di consacrazione che viene usata in Italia, facciamo dire qualcosa che Gesù non ha certamente mai detto. L’idea teologica del “sacrificio” è assente dai testi di Matteo, Marco, Luca e 1Corinzi.
Inoltre orazioni, prefazi e preghiere eucaristiche ricorrono a un linguaggio ormai incomprensibile ai più, dettati da una teologia antica e ormai superata. Chiediamo che siano ispirati alle letture del giorno e attingano alla ricchezza spirituale della parola di Dio. Il tempo liturgico non dovrebbe porsi in alternativa alla vita, occorre invece una lettura sapienziale della contemporaneità. […]
Recuperare la potenza dei segni
Occorre recuperare la bellezza e la potenza dei segni, che sono l’alfabeto della liturgia, letteralmente “opera del popolo di Dio”: le candele di cera, che fanno luce, scaldano e si consumano; un pane che sia vero pane: una pagnotta intera, impastata e cotta a casa, spezzata e condivisa. E poi il vino, sottratto alla mensa del popolo di Dio: vino che è memoria di passione e segno di abbondanza, di festa. Abbiamo completamente perso la dimensione di cena dell’eucaristia: nata per essere memoria quotidiana, domestica, conviviale, è diventato gesto sacrale, come in alcune forme di adorazione eucaristica. Apparecchiare la tavola della cena durante la celebrazione eucaristica sarebbe un modo per riappropriarci del suo significato laico e universale.
Anche il canto è un segno di grande impatto, non sempre valorizzato al meglio: le voci diverse che si uniscono in armonia sono la prima forma di comunione, il canto dovrebbe essere strumento privilegiato per favorire la partecipazione attiva dell’assemblea celebrante, e spesso invece l’animazione liturgica non ne tiene per niente conto. […]
Le nostre celebrazioni sono drammaticamente statiche: mortifichiamo la nostra corporeità, per una sottintesa idea ancora manichea per cui in chiesa entra lo spirito, e il corpo può restare fuori, o almeno dare il minor fastidio possibile. Guardiamo alle liturgie di altre latitudini, in Africa o nell’America amerindia, con la nostalgia di chi ha perso la profonda connessione con sé stessa/o: la danza liturgica, ma anche solo una gestualità meno timida potrebbe far sì che le eucaristie riprendano ad essere celebrazioni del dinamismo della vita. Anche la proiezione di immagini o l’utilizzo di linguaggi diversi da quello verbale possono essere utili.
La stessa architettura delle nostre chiese, sempre frontale, con la rigidità delle panche che impediscono ogni movimento, non è segno di condivisione, di quella circolarità che dovrebbe caratterizzare l’incontro di cristiane e cristiani, che rendono presente Gesù tra loro, e che dovrebbe avere al centro la mensa, non l’altare. Sembra anzi che nelle celebrazioni eucaristiche si voglia dilatare la distanza, la separazione tra assemblea e presidente, percepito ancora come il “sacerdote” dell’epoca pre-cristiana: i paramenti liturgici sfarzosi e altisonanti vanno in questa stessa direzione. […]
Passi possibili nell’eucaristia di oggi
Accoglienza. Alle porte della chiesa ci sia un benvenuto personale da parte del presidente o di una/un ministra/o dell’accoglienza. Prima dell’inizio, dare qualche breve informazione sul periodo dell’anno liturgico, sulle letture, sui canti. […] Nelle assemblee meno numerose potrebbe essere significativo partire dalla vita, dal vissuto personale e comunitario, condividendo gioie e dolori della settimana.
Omelia. Il monopolio clericale dell’omelia è la questione principale: è ben poco preparata, prolissa, generica, moralista, senza possibilità di interventi da parte dell’assemblea celebrante[1]; non di rado è saccente, fuori dal tempo e dallo spazio…
È cosa ragionevole che la predicazione sia preparata durante la settimana da un gruppo di parrocchiane/i che voglia riflettere sul Vangelo, di cui il prete si faccia poi portavoce (dando ovviamente il suo contributo) durante l’omelia. In alcune parrocchie già avviene che l’omelia del prete sia seguita da altri brevi interventi programmati di laiche/i; sarebbe bene se divenisse prassi diffusa. […]
Invocazioni penitenziali. È preferibile posticipare la richiesta di perdono dopo l’ascolto delle Scritture, così che l’assemblea prenda consapevolezza della distanza personale e sociale dalla parola di Dio.
Preghiera universale dei fedeli. Non si utilizzino intenzioni lette dai foglietti della messa, identici per tutte le diocesi. Si eviti di dare indicazioni a Dio, si esprimano sentimenti e desideri che abbiano relazione al momento e al luogo in cui le preghiere sono espresse, in un’ottica locale e globale: persone, attività, gioie e sofferenze della parrocchia, della città, del mondo. Le preghiere potrebbero essere spontanee e/o preparate durante la settimana da un gruppo di parrocchiane/i. Potrebbero essere raccolte per la domenica successiva in un libro presente in chiesa durante la settimana, in cui chiunque voglia possa scrivere. […]
Credo. Quello consueto niceno-costantinopolitano può essere sostituito con altri “Credi” (ne esistono di molto belli). Quello previsto e letto coralmente ora riflette i contenuti di dispute teologiche dei primi secoli e non trasmette il racconto vivo oggi della “buona notizia” di Gesù.
Offertorio. Oltre al pane e al vino siano deposti ai piedi dell’altare oggetti che esprimano un messaggio, un sentimento, un proposito.
Scambio della pace. Non sia silenzioso, ognuna/o si abitui a dire “la pace sia con te”, o espressione equivalente. Dopo il “digiuno di contatti” imposto dalla pandemia, è una gioia potersi scambiare una stretta di mano, o meglio ancora un abbraccio e un bacio di pace.
Comunione. Sia distribuita sotto le due specie, almeno più volte all’anno. Il “sapore” della particola sia di pane e non di niente, come ora: sarebbe importante preparare il pane in casa, e spezzarlo durante la consacrazione, in modo che ognuna/o ne riceva un pezzo, parte dell’intero.
Dopo la comunione sarebbe auspicabile che l’assemblea esprimesse insieme una preghiera il cui testo si ispiri alla Parola ascoltata.
Annunci finali. Siano a più voci, non del solo presidente, e non riguardino solo le attività della parrocchia ma anche quelle della società civile che insiste sulla parrocchia. Sia l’occasione per dare periodicamente informazioni sui bilanci della parrocchia.
Congedo e benedizione. Il presidente rilanci il contenuto del Vangelo come mandato per la vita della settimana. È importante che il presidente si senta parte dell’assemblea, e dica che la benedizione scenda su di “noi”, non su di “voi”.
Il testo è stato condiviso dalle seguenti realtà che partecipano della “Rete Cammino sinodale Chiesa italiana”
Adista, C3Dem (Costituzione, Concilio e Cittadinanza – Per una rete tra cattolici e democratici), Cammini di Speranza, CIF – Centro italiano femminile – Lombardia, Cipax – Centro interconfessionale per la Pace, Comunità Cristiane di Base italiane, Comunità ecclesiale di Sant’Angelo – Milano, Coordinamento 9 marzo – Milano, Decapoli – Laboratorio di pensiero sull’evangelizzazione e i cambiamenti nella Chiesa, Donne per la Chiesa, Fraternità Arché, Il Faro, Il Gibbo, La Tenda di Gionata, Noi siamo Chiesa, Noi siamo il cambiamento, Ordine della Sororità, Pax Christi, Per una Chiesa diversa, Ponti da costruire, Pretioperai, Progetto Adulti Cristiani LGBT, Progetto Giovani Cristiani LGBT, Rete 3VolteGenitori, Viandanti
Nota – – – – – – – –
[1] Papa Francesco, che ha detto il meglio sull’omelia nella Evangelii Gaudium parr. 145-179, suggerisce che deve essere di “non di più di dieci minuti”.
[Pubblicato il 26.6.2023]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: wikipedia.org]