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Comunicazione per l’incontro de
“Il Vangelo che abbiamo ricevuto” (15.6.2009)

L’incontro di Firenze (16 maggio 2009) è stato una sorta di auto-convocazione dei cattolici del disagio promossa dal teologo don Pino Ruggieri e da don Paolo Giannoni dell’Eremo di Mosciano (FI).
La documentazione completa di questa prima iniziativa si trova nel sito:
www.statusecclesiae.net

1. Il disagio. Un ascolto attento di quanto sta accadendo nella Chiesa rivela i molti motivi del crescente disagio tra il Popolo di Dio: chi ritiene sia in atto un ridimensionamento del Vaticano II; chi vede la Chiesa ripiegarsi su se stessa e perdere il rapporto fecondo con la società; chi dice che gli spazi di libertà, di dibattito e di ricerca si stanno restringendo e ritiene stia tornando la paura a prendere posizione; chi sente che non sembrano più esservi testimoni, punti di riferimento significativi; chi vede l’abbandono della “medicina della misericordia” a favore della Legge; chi osserva che vi è un continuo sostituirsi della gerarchia ai laici nel compito precipuo di animare e governare la città e il bene comune; chi valuta persino che la crisi investa la fede e non sia più centrale l’annuncio del Vangelo e del Regno.

2. Il Laicato. Il punto di vista dal quale vorremmo guardare alla situazione della Chiesa è quella del laicato, non per farne una questione di rivendicazione di identità di genere, infatti le questioni che abbiamo di fronte riguardano la vita della Chiesa tutta intera e non una categoria.

E’ indubbio che le varie componenti della Chiesa, (laici, religiosi, presbiteri, vescovi, Pietro), operano nella e per la vita della Chiesa secondo il loro ministero e ruolo specifico (ad esempio: i religiosi ci richiamano costantemente al “già e non ancora”); questi vari punti di vista sono in un certo senso complementari: è l’insieme dei ministeri e delle sensibilità che ci danno il tutto.

La Chiesa, in quanto realtà di fraternità e di comunione, ha la costante preoccupazione di lasciar spazio al confronto e di fare sintesi nella fedeltà al Vangelo. In questa sana dialettica è necessario e importante l’apporto di tutti e, perciò, anche del laicato.

3. Il silenzio. Il laicato nella Chiesa continua a rimanere un soggetto debole sia nella capacità di proposta sia nello svolgimento dei vari ruoli che potrebbe/dovrebbe avere nella vita della Chiesa. Nonostante dal Vaticano II ad oggi[1] si sia riproposta periodicamente l’importanza del ruolo di questa grande porzione del Popolo di Dio, essa resta ancora marginale. Da diversi anni ci troviamo di fronte ad una situazione di “afasia” del laicato, in parte anche attribuibile alla carenza di libertà di parola che frequentemente si riscontra nella comunità ecclesiale[2].

A questo proposito, crediamo sia auspicabile il realizzarsi di due condizioni:

– l’emergere di un laicato che prende pienamente coscienza delle responsabilità che gli derivano dal Battesimo e del suo essere partecipe dei tre munera Christi (sacerdozio, regalità, profezia); che sa rapportarsi in modo costruttivamente dialettico all’interno della comunità ecclesiale;

– il crearsi di un’opinione pubblica nella Chiesa[3] che veda il laico come un membro attivo del Popolo di Dio, insieme ai religiosi, ai presbiteri, ai vescovi e a Pietro, non solo nello specifico campo delle “realtà terrene”, ma anche nella vita e nell’organizzazione della Chiesa e nell’evangelizzazione diretta.

4. Un’iniziativa di lungo periodo. L’impegno di futuro di cui vorremmo farci carico è quello di supportare il realizzarsi delle due condizioni indicate attraverso: a) la creazione di uno spazio d’incontro, di dialogo e di elaborazione, nel quale vi si possano incontrare – senza censure preventive, nella libertà e nell’autonomia -, credenti di vari orientamenti, credenti e non credenti, esponenti di vari orientamenti culturali e politici; b) il fare rete con le tante realtà territoriali vivaci e “profetiche”, per darsi sostegno e speranza, per confermarsi nell’impegno e per rompere il silenzio.

Inoltre, con un lavoro costante nel tempo, aperto alla più ampia possibilità di collaborazione con altre realtà, poter affrontare a tutto campo, tra le altre, questioni quali: il mantenere viva una visione plurale, nell’oggi come nella prospettiva storica, della realtà e della vita della Chiesa nei vari ambiti (liturgico, teologico, esegetico, ecclesiologico, del diritto, della tradizione e del magistero ordinario); il ripensare il senso e le possibilità dell’annuncio cristiano alla luce dei profondi mutamenti tecnico-scientifici in atto; il dare corpo a un’adeguata spiritualità del laicato, chenon sia ricalcata su quella dei religiosi e che sia proponibile al cristiano che vive nella ferialità; l’affrontare le problematiche legate all’attività pastorale degli ambienti di confine della vita ecclesiale (divorziati, presbiteri sposati, non credenti, agnostici, gay, …), dove, come in quelli ordinari, il laicato può svolgere un ruolo peculiare significativo.

p. Il Comitato Promotore[4]

Franco Ferrari


[1] Ricordiamo “Gaudium et Spes” e “Apostolicam Actuositatem”, ma occorrerebbe citare tutti gli innumerevoli documenti prodotti fino ad oggi dal magistero ordinario, dalla CEI e dai convegni promossi dalla gerarchia.

[2] Si veda in proposito De Giorgi F., Il brutto anatroccolo. Il laicato cattolico italiano, Paoline, Milano 2008, in particolare il cap. IV “Le cinque piaghe del laicato cattolico oggi”, pp. 83-111.

[3] La questione diventata di attualità al tempo del Vaticano II era già stata posta da Pio XII nel suo messaggio al terzo Congresso mondiale della Stampa cattolica (17 febbraio 1950): “Vorremmo aggiungere una parola relativa all’opinione pubblica nel seno stesso della Chiesa (naturalmente per le materie lasciate alla libera discussione). Possono stupirsene solo coloro che non conoscono la Chiesa o la conoscono male, poiché infatti essa è un corpo vivo, e mancherebbe qualcosa alla sua vita se le mancasse l’opinione pubblica: e di tale mancanza il biasimo ricadrebbe sui pastori o sui fedeli”. Pio XII, Messaggio al terzo Congresso mondiale della Stampa cattolica, 17 febbraio 1950, citato da M.D. Chenu, “Leggere i segni dei tempi”, in Aa.Vv., Laici sulle vie del Concilio, Cittadella Editrice, Assisi 19673, pp. 251

[4] Il Comitato è composto da Angelo Bertani (RM), Giancarla Codrignani (BO), Franco Ferrari (PG/PR), Giuseppe Florio (RM), Cinzia Landi Florio (RM), Giancarlo Martini (VP), Giannino Piana (VP), p. Alberto Simoni (PT).

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