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Preti senza battesimo

COMUNITÀ CHE NON SANNO GENERARE PRETI

Preti senza battesimo

MichaelDavide Semeraro
Preti senza battesimo?
Una provocazione, non un giudizio
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2018, pp. 156

 1. Recensione di Augusto Fontana

Fratel MichaelDavide Semeraro, monaco benedettino, Dottore in teologia, provoca, con un titolo ad effetto, la curiosità dei possibili lettori del suo breve saggio Preti senza battesimo? Una provocazione, non un giudizio, uscito recentemente dalle edizioni San Paolo.

Tesi centrale dell’autore: Cristo fu un “laico”, non appartenente alla casta e all’ordine di successione sacerdotale di Aronne. Lo possiamo credere e chiamare “sacerdote”, come scrive la Lettera agli ebrei (7,11), unicamente «secondo l’ordine di Melchisedek». Melchisedek diventa così icona simbolica e teologica attorno a cui si costruisce tutto il tessuto dell’argomentazione di Semeraro che non esita ad avvalersi di pubblicazioni e citazioni di autori vari tra cui Eugen Drewermann: «Oggi l’intero stato dei chierici potrà recuperare una certa credibilità» solo a patto che riesca a riposizionarsi sulle orme di Gesù «che non era né monaco né sacerdote; piuttosto era profeta, poeta, vagabondo, visionario, medico e persona degna di fiducia, predicatore ambulante e trovatore, arlecchino e incantatore dell’eterna e inesauribile misericordia di Dio».

Un’eccessiva sovra-estimazione della vocazione sacerdotale a discapito di quella battesimale rischia di imbalsamare il presbitero nel sarcofago del ruolo: «quando manca una personalità autentica formata alla scuola del Vangelo, è del tutto naturale che il ruolo diventi la maschera della propria fragilità non accolta e della propria incapacità a far fronte alle sfide più ordinarie e normali della vita».

Destinatari del saggio non sono solo i preti: la questione della qualità e quantità dei preti coinvolge tutto il popolo di Dio, i battezzati. Crisi di preti? Preti in crisi? Domande ricorrenti, nel testo, implicite o esplicite, come di fronte a un diluvio annunciato da decenni di tuoni e lampi. I tempi di Noè a volte ritornano: «E come avvenne ai tempi di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’ uomo: si mangiava, si beveva, si prendeva moglie e si prendeva marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’ arca. Poi venne il diluvio e li spazzò via tutti» (Luca 17).

MichaelDavide non vuole certo fare il profeta di sventura o il menagramo. Offre, invece, un contributo ragionato e documentato a fronte di uno dei fenomeni ecclesiali di cui il popolo dei battezzati, e neppure i chierici, ne stanno cogliendo la portata potenzialmente riformatrice o rivoluzionaria.

I lettori sono avvertiti: «nel percorso di queste pagine non si può trovare nessuna soluzione, ma solo qualche provocazione che non vuole giudicare né, tantomeno destabilizzare… Siamo solo agli inizi di un cammino, che però non possiamo più rimandare e in cui dobbiamo appassionatamente coinvolgerci non semplicemente per limitare i danni, ma per ampliare le opportunità di crescita e di testimonianza».

La Prefazione del Vescovo emerito Luigi Bettazzi anticipa ed esplicita i problemi ecclesiali del rapporto tra clero e laici battezzati: «L’Ordinazione presbiterale non può essere qualcosa di prevalente, ma deve essere al servizio del battesimo, cioè dell’essere cristiano». È come se Bettazzi e più ancora il monaco Semeraro invitassero i preti, alla fine della loro giornata, a non a chiedersi se sono stati bravi preti, ma primariamente se sono stati bravi battezzati.

La prima e la terza parte dello scritto affrontano alcune fragilità presbiterali: pedofilia e omosessualità. La salvaguardia del ruolo, il “salvare la faccia” del clero non bastano: «la conversione non riguarda solo la morale a livello personale, ma tocca necessariamente l’impianto istituzionale». Ovviamente sia nel processo di formazione del clero che in quello di accompagnamento comunitario.

La seconda parte dello scritto raccoglie e sviluppa meglio la provocazione del titolo Preti senza battesimo? verso la proposta di una urgente conversione. Interiore e istituzionale. «Come Melchisedek, i presbiteri del Nuovo Testamento sono chiamati a diventare sacerdoti delle umane battaglie, disposti ad andare incontro ai difficili cammini dei propri fratelli senza aspettarli al varco sulle soglie dei templi – nuovi e antichi – che rischiano spesso di trasformarsi in mausolei di autoidolatria». In questa logica «il sacerdozio comune di cui siamo resi partecipi nel battesimo sta a fondamento del ministero presbiterale e non viceversa».

Alla fine resta una domanda; quella che giustifica la destinazione del libro di Semeraro non solo ai preti ma anche a tutta la comunità dei battezzati: «Mancano i preti per le comunità o, in realtà, mancano le comunità capaci di generare fino a indicare, sostenere e correggere i propri pastori?».

 

2. Recensione di Ghislain Lafont

Frère Michael Davide
La vérité vous rendra libres
Spiritualité et sexualité du prêtre
Paris, Salvator, 2018, 152 p. (traduit de l’italien)

Le drame de la pédophilie chez les prêtres est à l’origine de ce livre. Au point de départ, il y a l’indignation devant les faits et la tristesse profonde devant les dommages difficiles à réparer et à guérir chez les victimes. Mais l’auteur veut aller plus profondément dans l’analyse.

L’indignation doit engendrer la conversion : ne pas faire du phénomène une analyse purement médicale, relevant de traitements psychiquement appropriés et d’ailleurs nécessaires, mais aller jusqu’au péché reconnu et regretté et dont l’humble confession délivre et permet un redépart chrétien, fût-ce en dehors du ministère. Or la conversion, ici, n’est pas le seul fait des pédophiles : elle est celui de tout homme, de tout prêtre, en face de sa sexualité.

Celle-ci appartient à l’essence humaine, elle est bonne en soi, mais aussi fragilisée et blessée : comment chacun la gère-t-il au long d’une vie ? L’auteur élargit donc la perspective, il invite à une réflexion profonde, mais et surtout peut-être à une conversion du regard, à un réalisme aussi. Il fait même un pas de plus et esquisse une critique, déjà entreprise dans l’Eglise par nombre de théologiens mais pas encore vraiment entrée dans la mentalité ordinaire, de l’idée du prêtre. L’identité essentielle du chrétien, prêtre ou non, est justement son christianisme, c’est-à-dire son entrée dans le Mystère du Christ par le baptême, son accomplissement communionnelle dans la célébration de l’Eucharistie, et la vie dans l’Esprit qui en découle.

Or si certains, dans la communauté chrétienne, sont appelés par Dieu à une fonction d’animation et de direction de cette communauté, cela ne leur confère pas une « identité sacerdotale ». Cela donne, pourrait-on dire, une flexion presbytérale à l’identité chrétienne. Se pose alors la question de savoir comment discerner l’appel de Dieu en question. S’agit-il uniquement d’une motion intérieure et personnelle, ou aussi d’un appel venant de la communauté ?

A trop insister sur l’immense dignité du sacerdoce, sur la grandeur du ministère de la célébration eucharistique, sur l’exclusivité créée par l’obligation du célibat, sur le caractère éminemment personnel et exclusivement divin de la « vocation », à trop solenniser le sacrement de l’Ordre, ne risque-t-on pas de façonner une image du prêtre, à la limite insoutenable dans le long terme, quand l’homme se reconnaît aussi sexué mais aussi fragile que tout autre ?

Dans l’original italien, ce livre est intitulé : « Prêtre sans baptême » : il est en effet une invitation à repenser et à pratiquer le « sacerdoce » à l’intérieur d’une vocation chrétienne qui cherche à assumer son humanité.

En conclusion, l’auteur fait allusion à la Révolution copernicienne, puis à la Révolution française, ce qui donne à son essai le caractère de provocation à une troisième Révolution, alors que, il faut bien le reconnaître, les années écoulées depuis le Concile évoquent davantage la Restauration.

(da Callectanea Cisterciensia)

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