CRESIMA:
UN SACRAMENTO PROBLEMATICO
Fraternità degli Anawim
(gruppo Genova 1)
Un argomento emerso dall’ascolto dei giovani da parte di alcuni membri del nostro gruppo Anawim è quello dell’opportunità dello spostamento ai 17-18 anni dell’età del Sacramento della Confermazione. Può sembrare un argomento di stretta pertinenza parrocchiale, ma in realtà esso contrasta apertamente col disposto dell’articolo 891 del Codice di diritto canonico, che testualmente afferma: “il sacramento della confermazione venga conferito ai fedeli all’incirca all’età della discrezione”. È quindi tema che richiede un approfondimento specifico, in vista di una modifica normativa.
Non è l’età giusta
Cinquant’anni fa il Sacramento veniva conferito nello stesso anno della prima Eucarestia, verso i 10 anni, tale essendo ritenuta l’età della discrezione. Successivamente si è constatato che era opportuna una maggiore preparazione ed oggi la Cresima si impartisce generalmente verso i quattordici anni. Ma è sempre più evidente che tale preparazione non è sufficiente, perché si lamenta in tutte le parrocchie che, dopo la Cresima, moltissimi/e giovani non frequentano più la chiesa, salvo quei pochi inseriti nell’Acr (Azione Cattolica Ragazzi) o nei gruppi scout, e abbandonano ogni pratica religiosa.
Molti vengono così attratti dal relativismo, dal materialismo, dall’individualismo e giungono all’età adulta avendo perduto la consapevolezza di buona parte dei valori che avevano appreso nella prima giovinezza. Le conseguenze sul piano sociale sono evidenti. Su quello della famiglia, poi, sono pesantissime, perché le giovani coppie spesso convivono e molte di quelle che giungono comunque al Matrimonio si separano alle prime difficoltà.
“Soldati di Cristo”: una semplificazione
In cosa consiste, in realtà, il Sacramento della Confermazione? Il Codice di diritto canonico (CJC) all’art. 879 è preciso: “Il Sacramento… corrobora coloro che lo ricevono e li obbliga più strettamente ad essere con le parole e le opere testimoni di Cristo e a diffondere e difendere la fede”. Questa formulazione finiva di essere semplificata per i ragazzi di 10 anni con l’espressione “soldati di Cristo”, sottolineando l’aspetto di difesa della fede, più comprensibile per la loro età, ma riducendo sostanzialmente la testimonianza di Cristo con le parole e con le opere ad essere buoni figlioli, disciplinati alunni e praticanti devoti. Ben più complessa è la testimonianza di Cristo nell’età matura, quando è il momento delle scelte e quando la maggior conoscenza della società e la raggiunta autonomia di comportamento propongono una sterminata necessità di aiuto ai fratelli e di testimonianza cristiana.
La testimonianza di Cristo passa dall’attenzione al comportamento individuale all’apertura concreta al prossimo, dall’essere al dare. Pertanto, il passaggio all’età adulta ci sembra il momento più adatto per un Sacramento che corrobori e accompagni questa trasformazione e prepari a questi nuovi impegni.
L’art. 891 del CJC dovrebbe quindi far riferimento all’età della maturità e non a quello della semplice discrezione. È ben vero che prolungare il periodo di preparazione alla Confermazione comporterà una forte diminuzione del numero dei futuri cresimandi, ma, al contrario, impartire il Sacramento quando ancora i giovani non possono comprenderne il profondo significato equivale ad annullarne il valore.
La questione dei contenuti
I tre anni di maggior preparazione, dai 14 ai 17 anni, potrebbero, ad esempio, riguardare i seguenti nuclei di approfondimento: la sessualità, l’aiuto dello Spirito Santo, il servizio. A quattordici anni ormai i ragazzi e le ragazze contemporanee hanno già appreso, dalla scuola o dai media, tutto lo scibile su anatomia sessuale, regole sociali, norme di comportamento, deviazioni e anomalie. Si formano già le prime coppiette che sperimentano effusioni amorose.
La formazione cristiana, ben lungi da indicare un elenco di proibizioni, non può esimersi a questo punto dal proporre con chiarezza l’ideale luminoso dell’amore coniugale puro, indissolubile ed eterno, e della preparazione ad esso con un profondo rispetto di sé stessi e degli altri. Ed è su questa linea il documento Itinerari catecumenali proposto nel febbraio 2022 dal Pontificio Dicastero sulla famiglia, che auspica una formazione remota al matrimonio già in età giovanile (p. 24), con la finalità di “educare gli adolescenti all’affettività e alla sessualità, in vista della futura chiamata ad un amore generoso, esclusivo e fedele (sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio, sia nella vita consacrata)” (p. 36). In pratica, si possono leggere e meditare i brani biblici ed evangelici che trattano questo argomento, senza dimenticare il significato profondo delle acquisizioni della moderna biologia e senza timore di toccare i temi più scottanti, dall’aborto all’omosessualità.
Un esercizio per essere testimoni
Le riflessioni sui doni dello Spirito Santo acquistano nuovo significato all’approssimarsi dell’età matura. Ci sembra importante che i giovani, lungi dal considerarlo un’astratta forma della Divinità, si abituino ad ascoltare la voce dello Spirito quando si cerchino le parole giuste per rapportarsi con gli altri, quando si debba uscire da qualche difficoltà, quando occorre fare delle scelte. E questa è l’età delle scelte più importanti per la vita, da quelle sentimentali a quelle di studio e di lavoro. Anche per raggiungere questa maturazione potranno essere guide fondamentali la lettura e la meditazione dei passi della Bibbia e dei Vangeli che riguardano l’azione dello Spirito.
L’anno finale di preparazione al Sacramento della Confermazione potrebbe essere dedicato alla meditazione sullo spirito di servizio, di cui Gesù ci ha dato esempio, ed alla sperimentazione di forme di servizio nei confronti di tante realtà umane sofferenti. Il conferimento del Sacramento potrebbe essere, quindi, collegato all’impegno di un servizio stabile, anche per poche ore settimanali, scelto da ciascuno in base alle proprie attitudini, nell’ambito della Parrocchia, o delle associazioni in essa operanti, o del quartiere (si pensi a tante solitudini) o delle realtà sociali.
Qualche prova in area “protetta”
In particolare una moderna Parrocchia è ricca di offerte di servizio, dalla direzione nelle associazioni giovanili ai gruppi canori, dalla segreteria parrocchiale alla redazione del giornalino della Parrocchia, dal ministero di lettorato all’attività di ministri dell’Eucarestia, dall’insegnamento del Catechismo per i più giovani all’impartire loro ripetizioni scolastiche, dalla raccolta e distribuzione di viveri per i più indigenti all’accompagnamento di persone anziane o sole, fino, per le ragazze, all’attività di baby sitter a favore di famiglie giovani o numerose. L’inserimento dei giovani nelle realtà parrocchiali, oltre a contribuire al loro ringiovanimento fornirebbe risposte al desiderio dei giovani di essere presenti, di contare qualcosa per gli altri, di operare per un futuro migliore.
Il gruppo Genova 1 della Fraternità degli Anawim
Riflessione pubblicata nel n. 215 – 25 marzo 2023 della “Lettera della Fraternità Anawim”. La Fraternità degli Anawim, animata da don Giovanni Cereti, si compone di diversi gruppi sparsi in varie parti d’Italia. Aderisce alla Rete dei Viandanti.
[Pubblicato il 30.5.2023]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: BeWeb]
Ho colto nella riflessione della Fraternità degli Anawim una ” provocazione” tesa ad indurre la Chiesa cattolica ad un coraggioso e puntuale ripensamento relativamente al cammino dell’iniziazione cristiana. Trovo che lo slittamento ad una età più avanzata rispetto a quella tradizionalmente prevista per il sacramento della Cresima sia il minimo che si possa fare per permettere ai giovani di operare scelte più consapevoli e coinvolgenti. E lo farei senza indicare ambiti precisi (sessualità, regole sociali, ecc.) ma “allenandoli” semplicemente a riconoscere e vivere in ogni relazione ed esperienza quell’amore di cui Cristo ci è stato testimone e di cui ci parla il Vangelo.
Sarei però anche per spingermi oltre quanto all’età, perché interiorizzare la Parola e riconoscere ciò che suggerisce lo Spirito non è cosa semplice né scontata e pervenire ad una tale consapevolezza richiede che siano vissute esperienze di fraternità, di servizio, di confronto con altri mondi e altre culture.
La Chiesa invece di preoccuparsi di numeri, di statistiche e di risultati dovrebbe prendere atto che il mondo è cambiato profondamente e che la richiesta da parte delle famiglie del Battesimo e degli altri sacramenti non risponde quasi più all’ esigenza di approfondire e testimoniare compiutamente il proprio vissuto di fede, ma è spesso un ripetersi di tradizioni consolidate di cui si fatica ormai a trovare il senso.
Da alcuni anni, nella Parrocchia che frequento, è iniziato un cammino genitori – bambini per favorire la comprensione del significato e del valore dei sacramenti. La risposta genitoriale è piuttosto complicata e intermittente: presenti massicciamente agli incontri in cui si definiscono modalità e tempi per ricevere il sacramento, quasi totalmente assenti alle liturgie domenicali, con conseguente mancanza anche dei bambini.
Manca il senso di appartenenza alla comunità, non è fondamentale per la crescita umana e spirituale dei figli l’esperienza proposta (basti dire che a volte prevalgono altri impegni di tipo sportivo, ecc.), anzi spesso si considera questo cammino come un obbligo da superare al più presto.
Per tenersi “stretti” i giovani la Chiesa non deve preoccuparsi di fare degli aggiustamenti pastorali o di adeguarsi alle mode e ai nuovi linguaggi (anche se questi aspetti non devono essere trascurati), ma deve interrogarsi su quanto sia ancora credibile rispetto all’ascolto e all’annuncio della Parola e alla sequela del Signore.
Non è attrattiva perché non appare “follemente innamorata” di quel Dio che l’ha voluta…
Educare i giovani a riconoscere di aver fame e sete di verità, di giustizia e d’amore, aiutarli ad ascoltare i propri desideri più profondi e a scoprire l’innata voglia di infinito dovrebbe essere l’unica cura della Chiesa. A chi sentirà sinceramente il desiderio di diventare “seguace ” di Cristo, e non “soldato”, potrà essere donato lo Spirito della Confermazione a segnare un cammino di maturazione decisivo.
Meglio pochi ma convinti che molti con un “patentino ” fasullo pieno di timbri privi di valore per la loro vita.
Ma perché fare i baby sitter solo per le ragazze? Non sarebbe tempo di superare questo stereotipo?
… domandarsi perché sono state indicate le ragazze…
Anche i ragazzi sono in grado di fare i babysitter!!! E altrettanto bene!
Crescere nella fede e nell’ amore e rispetto (e nell’apertura e accettazione) per tutti è anche questo.
Sono state pubblicate da poco 16 schede prodotte in collaborazione tra CEI e Unione Comunità Ebraiche italiane. Servono per approfondire la conoscenza puntuale dell’ebraismo e favorire una più precisa diffusione del catechismo. Non ne ho trovato ancora traccia. Mi piacerebbe tanto finalmente trovarla. Grazie
Da quando e perchè la Confermazione è divenuta sacramento? Per molti Protestanti non lo è; la Bibbia non ne parla, dato che il battesimo era per chi aveva raggiunto l’età del libero arbitrio e l’invenzione del Limbo non c’era ancora. Perchè solo il cattolicesimo si è inventato un surplus di sacramenti?
Condivido le osservazioni già fatte. Rispetto all’articolo (ringrazio comunque Anawim per la sollecitazione) sarei più drastico. E’ tutta l’iniziazione che va riposizionata tornando all’originaria sequenza battesimo-dono dello Spirito-eucarestia e sottoponendola temporalmente alla scelta libera dell’adesione personale. Un salto nel vuoto certo rispetto al presente, un orizzonte di crollo numerico, ma anche uno stimolo a ripensare l’annuncio (a partire dal vangelo), l’accompagnamento, la testimonianza.
Condivido quanto scrive Filippo. Il futuro della Chiesa, ma siamo decisamente in ritardo, non sarà legato tanto ai sacramenti, quanto alla conoscenza – esprienza del Gesù dei Vangeli, che anche le generazioni degli adulti di ggi (40/ 50/70 anni) in genere non conoscono. Per di più le giovani coppie iniziano a non chiedere neppure il battesimo per i neonati (scelgano quando son grandi!) e se lo fanno è spesso perchè ci sono i nonni che fanno pressione. Viviamo comunque ancora nel contesto di cristianità, ossia si richiedono i sacramenti della iniziazione cristiana per consuetudine, pochi con vere motivazioni di fede. Dal mio punto di vista, perchè direttamente impegnato come parroco di due Comunità, i Sacramenti con i loro segni e linguaggi andrebbero ripensati, evitando di aggiungere rubriche per allungare le celebrazioni (vedi matrimonio inserito nella messa). Concretamente, per fare un esempio, la prima comunione da qualche anno la celebro il giovedì santo, dopo un percorso (una domenica al mese da mezzogiorno con la celebrazione adattata, un pranzo semplice condiviso con pizza e un dolce, e confronto partendo dalle loro domande o temi che hano a che fare con la liturgia, il Vangelo, la famiglia, l’educazione….) fatto coi genitori e figli insieme. Curiosi sono i bambini e interessati i genitori che sono ancora legati alle nozioni del loro catechismo, con tanto di obblighi e sensi di colpa.
Il segno (che non ha bisogno di alcuna spiegazione) più capito e apprezzato è la lavanda dei piedi (oltre che il pane della Parola e del Pane spezzati) fatta in questo modo: i papà lavano i pedi alle loro spose e i bimbi li asciugano. Ovviamente qualche famiglia, per motivi personali chiede di farla di domenica, ma partecipano comunque alla celebrazione del giovedì con le altre famiglie. Questo solo per fare un esempio. Cì sarebb epoi tutto un discorso da fare sulle celebrazioni delle messe (eucarestie) in cui il coinvolgimento dei fedeli è proprio scarsissimo e il linguaggio delle rubriche è incomprensibile. Per l’omelia di solito, dopola lettura del Vangelo, lascio la parola ai fedeli e concludo con qualche breve accorgimento o risposta a domande:
Ringrazio per l’opportunità e ci auguriamo che ci si adoperi tutte/i per una Chiesa altra. E con coraggio! don mario marchiori
Interessante l’ omelia stimolata dalle domande dei fedeli bello anche il gesto del marito che lava i piedi alla moglie e il figlio li asciuga tenendo conto che vi sono realtà dove è difficile realizzarlo( genitori separati riaccompagnato o vedovi ecc.) Il rito potrebbe essere realizzato dai genitori dei cresimandi o comunicandi con coloro che svolgono servizio nella comunità un cammino mistagogico.
Condivido alcuni aspetti dell’articolo:
– L’idea che la cresima sia la conferma di una scelta che hanno fatto altri per te. Per questo motivo credo dovrebbe essere fatta da adulti, quando cioè si ha la libertà di poter scegliere liberamente (Mi sembra, tra l’altro, che Gesù si rivolgesse agli adulti nella predicazione…). E’ naturale che i genitori indichino ai figli la strada che ritengono più opportuna per loro (quindi benissimo battezzare un figlio, fargli fare la comunione ecc.), ma quando si tratta di scegliere autonomamente se confermare quella scelta, credo che la persona debba essere pienamente autonoma e consapevole. Se lo desidera, confermerà la scelta dei genitori, altrimenti percorrerà una strada diversa (e non è detto che, dal punto di vista valoriale, sia di minor qualità)
– L’idea che l’iniziazione cristiana non debba prevedere un percorso specifico, ma che ognuno possa scoprire il cristianesimo secondo il suo “carisma” (l’articolo in realtà lo propone solo per l’ultimo anno di formazione). Se sono uno scout farò il mio percorso di iniziazione nello scoutismo, e saranno gli scout a darmi la possibilità di scegliere se essere o meno cristiano e di avere gli strumenti per formarmi e fare la mia scelta. Se non sono scout ma svolgo un’attività in Caritas farò il mio percorso lì ecc.
Eviterei di stabilire un tempo (3 anni di percorso nell’articolo), preferirei che ad ognuno fosse fatta una proposta di avvio del percorso, e che questo finisse nel momento in cui si capisce (insieme, il gruppo che forma e chi viene formato) che la persona che desidera la cresima è pronta a riceverla.
Dell’articolo, invece, mi convince meno:
– l’impostazione secondo cui bisogna cercare un’età in cui “si è pronti” a ricevere la cresima. C’è un momento in cui davvero si può dire che si è pronti? Secondo me è una ricerca problematica, che porta a delle rigidità che travisano il senso del sacramento. Se bisogna essere pronti, bisogna poi stabilire l’età giusta, quanti incontri servono per prepararsi, quali contenuti bisogna conoscere, come verifichiamo se sono davvero conosciuti ecc. Non mi sembra la strada giusta.
– l’idea (mi sembra di capire dall’articolo) che la cresima e in generale i sacramenti debbano essere per tutti. Non è detto espressamente, ma mi sembra che il discorso sia impostato come se il cristianesimo fosse ancora la religione della maggioranza. Privilegerei l’impostazione per cui riceve la cresima chi la chiede. A qualsiasi età, purché adulta. Se qualcuno desidera confermare il suo essere cristiano, allora gliene darei l’opportunità. Se non ne ha il desiderio non starei a coinvolgerlo in qualcosa che non sente di voler fare.
– eviterei anche di tirare sempre in ballo la morale sessuale. Ci sono ben altri argomenti su cui formarsi per essere “buoni cristiani”. So che l’articolo faceva solo un esempio, ma mi sembra indicativo che nell’esempio si sia caduti lì.