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IL SINODO ITALIANO
E IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA

Paolo Cugini 

Molti stanno parlando del cammino sinodale che la Chiesa Italiana vuole intraprendere, grazie soprattutto alle reiterate sollecitazioni di Papa Francesco.

Il principio di uguaglianza
Non è facile pensare e decidere insieme. Non è facile perché, prima di tutto, non ci siamo abituati. Non possiamo, poi pretendere che un’istituzione come la Chiesa si metta a sinodalizzare (passatemi il neologismo) dopo secoli di monologo. Che lo metta tra i suoi obiettivi è significativo e lodevole, ma che lo faccia realmente è un altro capitolo della storia.

Sinodalità richiama, infatti, un concetto fondamentale della Chiesa di Gesù Cristo, vale a dire il principio di uguaglianza, che considera tutte le persone della comunità come fratelli e sorelle uguali in virtù dello stesso battesimo. Ed è proprio qui che si dovrebbe avere il coraggio di tornare, a ciò che ci accomuna nello Spirito e non a ciò che ci divide e rende problematico il dialogo. La Chiesa è sinodale quando non solo ascolta tutti, ma non giudica nessuno inferiore, non mette nessuno nell’impossibilità di poter esprimere il proprio parere. Già da queste prime battute si comprende come tra il dire e il fare, il desiderio e la realtà, ci sia molto mare in mezzo.

Per sedersi attorno allo stesso tavolo e prendere delle decisioni insieme – è questo il senso della sinodalità – occorre che nessuno si consideri superiore all’altro. Questo è il problema. C’è una relazione tra i membri della Chiesa che è venuta lentamente e progressivamente sgretolandosi e distanziandosi e ancora oggi porta il peso di questa distanza. Del resto, se uno degli interlocutori detiene il diritto di dire sempre l’ultima parola, si capisce bene come il dialogo diventi complicato.

Il nodo delle sintesi
Da una parte si percepisce la pochissima voglia dei vescovi di realizzare un sinodo, che si profila lungo e pesante, che richiede una capacità enorme di limare le richieste di trasformazione che provengono dalla base, dai fedeli laici, per intenderci.

Questo è, a mio avviso, uno dei problemi cruciali nell’attuale contesto ecclesiale, quando si muove in direzione sinodale: le sintesi. Chi compie questo lavoro finale, che spesso richiedo tempo e pazienza, rischia di eliminare elementi fondamentali proveniente dalle basi. C’è tutto uno sforzo che proviene dal basso di far udire la propria voce, sforzo fatto d’incontri, confronti, dibattiti, elaborazione di testi, per poi finire nel cestino dal personale addetto alle sintesi, prevalentemente persone moderate o conservatrici, pronte a limare ogni tentativo di fuga in avanti, che appare nei testi proposti. Fare un sinodo che conduca alle stesse posizioni di partenza, o a qualche abbellimento di facciata, non ha alcun senso.

Lo scollamento tra la base e i vertici
Dall’altra, si coglie uno dei problemi che dovrebbe affrontare un sinodo: il progressivo e ormai consumato scollamento, distanziamento tra la base e il vertice, tra il cammino ecclesiale delle comunità e i suoi dirigenti, tra coloro che tutti i giorni sono in prima linea a sudare a contatto con la vita e i così detti vertici della Chiesa, immersi nei loro palazzi, lontani da tutto e da tutti, con l’unica preoccupazione di mantenere inalterata la forma della tradizione, nonostante la realtà spinga l’umanità in altre direzioni.

C’è una base che non si sente rappresentata da coloro che non considera più come suoi vescovi, propri pastori, perché la loro voce non dice più parole significative per il vissuto quotidiano del popolo di Dio.

Perché questo scollamento? Perché dopo centinaia, migliaia di anni siamo ancora qui a pensare che un sinodo dovrebbe risolvere il problema delle donne nella chiesa e dei preti sposati. Davvero c’è ancora qualcuno che crede che questo sia possibile nell’attuale congiuntura ecclesiale dominata in modo esclusivo da uomini celibi? Solo gli illusi non vedono un tale paradosso.

C’è una sensibilità umana che si sta affermando nel mondo occidentale, che percepisce in modo intuitivo l’esigenza di un mondo in cui tutti possano essere rispettati nella loro dignità umana. Elemento centrale della dignità umana è il principio di uguaglianza, che si declina in modo immediato nel fatto che uomo e donna hanno gli stessi diritti e doveri. Questo semplice dato, che anche un bambino è in grado di capire, non è ancora stato assimilato dalla Chiesa, perché è un’istituzione patriarcale, guidata esclusivamente da figure maschili.

Un Sinodo docile allo Spirito
Pensare ad un sinodo ecclesiale guidato da uomini e donne sembra una provocazione, una specie di eresia, mentre dovrebbe trattarsi di un aspetto naturale per una comunità che s’ispira a Gesù.

Avrebbe senso un sinodo che desideri aiutare le comunità cristiane a tradurre il Vangelo nelle scelte dell’oggi, solamente se fosse accompagnato da donne e uomini, in cui fosse visibile che coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine, non sono davanti, non dettano le regole, ma si mettono servizio della comunità, come ha insegnato e fatto Gesù.

Un sinodo capace di coinvolgere donne e uomini nell’ascolto delle istanze che il tempo presente sta ponendo come urgenti, per cercare insieme una risposta ascoltando la voce dello Spirito perché, come ha ricordato Papa Francesco ai membri del Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica il 30 aprile scorso: “quello che porta avanti il Regno di Dio è la docilità allo Spirito, è lo Spirito, la nostra docilità e la presenza del Signore. La libertà del Vangelo”.

Questo sinodo potrebbe, allora, divenire, una grande rivoluzione per la Chiesa perché, scrollandosi di dosso la paura di sbagliare, di disattendere una tradizione spesso e volentieri ricolma di volontà umane più che divine, riuscirebbe a dire parole umane, autentiche ai grandi interrogativi che assillano l’umanità.

Una necessaria riforma strutturale
Prima d’iniziare un sinodo con curiali protagonisti, sarebbe necessaria una riforma strutturale, in modo tale che diventi visibile la possibilità di tutte e tutti di partecipare all’evento, garantendo momenti assembleari democratici.

Per fare in modo che, nelle scelte sinodali, l’umano prevalga sull’istituzione e il buon senso sulla dottrina, sarebbe necessaria una riforma capace di mettere in condizione l’assemblea sinodale, composta da donne e uomini, di essere decisionale e non consultiva. Ciò significa che, il voto di un vescovo dovrebbe avere lo stesso valore e lo stesso peso decisionale di una laica o di un laico, in virtù dell’unico battesimo.

Si dovrebbero mettere le basi affinché lo Spirito Santo sia il protagonista e non subisca i veti e le censure dei professionisti di palazzo, per creare un ambiente sano, in cui sia possibile parlare della vita, senza sentire la necessità di dare risposte apodittiche e definitive, ma offrendo chiavi di lettura, che permettano di accompagnare i vissuti reali delle persone.

Per una Chiesa che sappia sporcarsi le mani
Facciamolo, allora, questo sinodo per creare uno stile di Chiesa, di comunità cristiana in cui, chi si sente escluso dal mondo possa trovare riparo; che si sente perseguitato, possa trovare una parola di consolazione; chi è nel dubbio, più che una verità assoluta possa incontrare qualcuno che lo ascolti e lo accompagni per un momento nel cammino.

Un sinodo per scrollarci di dosso i fantasmi di un passato glorioso della chiesa trionfante, che non c’interessa più, per fare spazio allo stile semplice del Vangelo, allo stile dialogale visibile in Papa Francesco, ad uno modo di essere chiesa che sa sporcarsi le mani, che prima di emanare un decreto o un documento ecclesiale, sa portare i pesi e le fatiche di tante donne e uomini di buona volontà, disorientati in questa epoca dai cambiamenti veloci. Non è su qualche tema specifico che, allora, dovrebbe essere realizzato un sinodo, ma dovrebbe interrogarsi e promuovere una riflessione sul tipo di Chiesa che siamo e che vorremmo essere.

Si tratta di creare le condizioni ecclesiali affinché diventi possibile affrontare i problemi reali e attuali delle persone, offrendo chiavi di lettura evangeliche in sintonia con la sensibilità del tempo presente, traducendo in questo modo l’adagio conciliare: “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

È la Chiesa popolo di Dio che, mentre lascia alle spalle lo stile clericale, sa proporsi in modo profetico come luce per il mondo.

Paolo Cugini
Parroco di quattro parrocchie nella campagna bolognese

[pubblicato il 7 agosto 2021]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: “lecronachelucane.it”]

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12 Commenti su “IL SINODO ITALIANO
E IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA”

  1. Don Paolo, grazie per il suo articolo schietto, mi sento in sintonia, anche se mi pari manchi qualcosa tra le premesse e l’ottimismo finale. Occorre forse vincere prima il clericalismo da una parte e la timidezza apatica dall’altra prima di fare il Sinodo, o questo Sinodo ne sarà la cura? In ogni caso bisogna a provare a camminare!

  2. Condivido pienamente l’articolo di don Paolo. Penso che la questione della sinodalità nella Chiesa è fondamentale per essere inclusiva. Se nessuno si sente escluso all’interno della comunità solo allora potremo essere inclusivi all’esterno. La sinodalità non è una questione di margine per incarnare il Vangelo.

  3. In sintonia con la sig.ra Maria Clotilde Rossi: tutti questi sinodi ecclesiastici non sono altro che l’idea del Nulla messa al concreto: perditempo di personaggi sfaccendati, che cercano di non annoiarsi inventandosi questi giochini del nulla. Chiacchiere, ancora chiacchiere, tempo perso e fatto perdere a chi li segue. Il card. Zuppi poco tempo fa: ” E’ ora di essere meno cristiani e più evangelici “. Il vangelo non ha bisogno nè di concili ecumenici nè di sinodi. Lo capiscono tutti, perfino gli apostoli ignoranti ed analfabeti. Occorre osservarlo, non studiarlo in eterno.

    1. Se posso intervenire senza polemica, ma solo esprimendo un mio parere, dico che il Sinodo è stato fortemente voluto da Papa Francesco, e non da personaggi sfaccendati. Anzi parte del clero e dei vescovi lo hanno contestato per non mettersi in gioco, per non voler cambiare la loro pastorale curiale, il loro voler lasciare tutto così, perché si è sempre fatto così! Il vangelo non ha certamente bisogno di Sinodo (revisione pastorale) ma la Chiesa sì! Infatti è un sinodo sulla Chiesa, un Sinodo per rivedere la pastorale e non il vangelo. Un sinodo per studiare come testimoniare il vangelo alla luce del cambiamento della società. Ben venga ciò che ci mette in discussione, ciò che ci fa cambiare, ciò che ci rimette in cammino. Grazie

  4. Grazie don per la tua costanza e determinazione nella Speranza di poter cambiare le cose dal di dentro. Nom è affatto scontato o banale. A volte la tentazione, quando non ci si ritrova, è di uscire sbattendo la porta. Tu ci insegni a far “lievitare la pasta” dall’impatto stesso. Prego perché lo Spirito Santo illumini le menti e i cuori dei porporati e di chi parteciperà, perché la “gente gente” si senta capita e abbracciata dalla madre Chiesa. Tutta. Senza discriminazioni. Senza patenti o certificati di “performance”.

  5. Hai certamente evidenziato aspetti sensibili a cui tieni tanto, e non è la prima volta: ruolo della donna, celibato, verticismo ecclesiale, parità di ruoli. Alcuni di essi spero possano essere ripresi nel sinodo, in particolare il ruolo della donna. Per quanto riguarda il verticismo ecclesiale sono convinto che non sarà ridotto (azzerato no non sarà possibile ma per me neanche giusto) dal sinodo ma subirà notevoli riduzioni con l’avvento di Chiese giovani ed importanti del sud America e dell’Africa. Il celibato non credo possa essere trattato dal sinodo. Mi auguro invece che l’argomento centrale possa essere la testimonianza del Vangelo nella nostra società; possa essere preso in considerazione come trasmettere la Fede ad una società che presenta famiglie che non insegnano e trasmettono la fede. Famiglie che vedono genitori separati, riaccompagnati, con figli di diverse realtà e “provenienza” ovvero con “matrigne” e padrini: termini non corretti ma che utilizzano per farmi capire. A loro, i nuovi lontani và oggi trasmessa la fede, ed è difficile arrivarci, farci conoscere e farci accogliere per parlare, condividere ciò in cui crediamo,. parlare loro di Gesù e della Nuova Novella. Il nuovo ruolo del catechista che non parla di Gesù in occasione di un Sacramento, ma che dialoga con ragazzi (che giustamente non frequentano l’oratorio) e con adulti, nuovi ed inventati genitori di figli geneticamente non loro. Spero sia questo il tema centrale, la missionarieta’ in una nostra nuova e mutata società, che rimane comunque bella attraente in una forma non più tradizionale, non più secolare. Tutto trascorre e muta, anche noi dobbiamo mutare il nostro modo di essere nella fedeltà al Vangelo.

  6. Grazie don Paolo per la tua analisi lucida e puntuale. Se l’istituzione continua a non ascoltare e ad integrare seriamente il popolo di Dio a nulla servirà il Sinodo. La cosa bella che spero rimanga sempre è la presenza di persone come te che invitano i vertici a riflettere e a ripensare la chiesa. Chissà che qualche vertice non ti consideri uno in grado di fare una buona sintesi del Sinodo? Non avresti scritto invano questa analisi e sarebbe una grande speranza per noi che apparteniamo al popolo di Dio, quindi alla chiesa! Grazie

  7. Grazie don Paolo, condivido il tuo pensiero. Credo che sia necessario un ulteriore periodo di purificazione dalle tante incrostazioni accumulate in questi secoli. Vista la accelerazione del tempo forse non ci vorrà ancora molto. Speriamo

  8. Anch’io ringrazio don Paolo per la sua bella analisi. Sono un semplice credente (e non so nemmeno se lo sono davvero) con poche idee e per di più molto confuse. In una società la gerarchia/autorità é necessaria; solo che deve essere intesa come servizio e non come privilegio.

  9. Sarà il Sinodo uno scontro fra base e vertici? fra popolo di Dio e istituzione? Io vedo punti di vista diversi fra (all’interno di) i vescovi, fra i preti, fra i laici, fra gli uomini e fra le donne, fra gli anziani e fra i giovani. Parteciperanno al Sinodo (e mi auguro che lo facciano, che lo possano fare, con diritto di voto) tutti i cattolici che vedo la domenica a messa nei banchi? Se parteciperanno temo che le resistenze al superamento del sacerdozio solo maschile, celibatario, eterosessuale, saranno più forti fra loro che da parte del mio parroco, e forse anche del mio vescovo. Eppure Pietro in 1Pt 3.15 continua a dirci: “Siate sempre pronti a dare ragione della speranza che è in voi.”

  10. Sig. Paolo Cugini, condivido ogni sua parola inerente al sinodo della chiesa cattolica, non mi faccio nessuna illusione. La chiesa si erge su di una gerarchia e il risultato non può essere diverso da come ora è. Per tutti quei motivi che lei ha elencato io ho fatto un’altra scelta aderendo alla chiesa protestante. Comunque grazie per la sua bellissima analisi.

  11. GRAZIE don Paolo per questo tuo essere con noi avere lo stesso sguardo e gli stessi sogni (che rimarranno tali mi sa) la disillusione dilaga…

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