LA CHIESA DI TUTTI DEL VATICANO II
In questo periodo di celebrazioni del Vaticano II è significativo il testo di Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, già ausiliare di Bologna e fondatore di Pax Christi. Uno scritto che ha le caratteristiche di una testimonianza preziosa: le novità pastorali del Concilio spiegate da un protagonista che in questi 50 anni ha cercato di realizzarlo.
Un lavoro di un centinaio di pagine che sceglie lo stile del racconto essenziale (più spesso colloquiale), del linguaggio stringato e comprensibile proprio a tutti, dove le parole scaturiscono da chi è stato testimone dell’evento (“il Signore e la Chiesa mi avevano fatto la grazie di parteciparvi”), e ha lo scopo di far crescere i laici in termini di responsabilità all’interno della Chiesa.
Intento e destinatari sono illustrati dall’Autore nella pre-fazione: mostrare ai giovani di oggi che il Concilio è “anche” (tra le righe sembrerebbe quasi “soprattutto”) per loro, perché sono loro che dovranno farsi carico della sua piena attuazione, visto che tanti anziani si sono mostrati più restii ad abbandonare i modi tradizionali di pensare e di agire che il Vaticano II chiede di superare, perché troppo legati a circostanze storiche contingenti che avevano spostato altrove l’attenzione. Resta tuttavia fondamentale la sua affermazione secondo cui il Vaticano II è davvero “un Concilio per la gente di oggi”, perché per tutti era stato convocato e a tutti sono rivolte le sue affermazioni e “risposte”.
Bettazzi spiega con la pazienza dell’educatore – e un linguaggio di padre – le novità pastorali del Concilio, le vicende che l’hanno accompagnato, gli intenti dei Padri conciliari, le sorprese felici, le decisioni sofferte … aggiungendo al racconto di allora, l’attualizzazione odierna, le prospettive di attuazione già sperimentate da molti e quelle non ancora pienamente realizzate.
Non manca lo spazio dedicato al concetto di “tradizione” e alla sua interpretazione, riduttiva e monolitica, data dai tradizionalisti fin da allora, leggi mons. Lefevre e i suoi seguaci di oggi. Di fronte a quanti incolpano il Vaticano II della secolarizzazione in atto e della minore incidenza della fede nella vita delle persone, Bettazzi, con grande senso della storia e di una lettura dei “segni dei tempi”), scrive così: “Il Concilio ha evitato che la Chiesa si chiudesse al mondo e alla storia a vantaggio di una piccola èlite di chi si sente privilegiato e disprezza tutti gli altri, proprio come il fariseo della parabola (Lc 18,9-14).
Definisce la Gaudium et spes, “una sorpresa assolutamente inattesa”: è proprio quel parlare a tutti gli uomini di buona volontà, “non ai soli figli della Chiesa, né solamente a tutti coloro che invocano il nome di Cristo” (GS 2) che, secondo Bettazzi, si realizza una delle rivoluzioni copernicane del Concilio, una di quelle di cui il mondo aveva bisogno ieri come oggi. Perché è riguardo ai grandi temi su cui gli uomini si interrogano – l’amore e la sessualità, l’economia, il bene comune, la giustizia, la pace – che può nascere il confronto e il dialogo “insieme”.
Ma il Concilio ha indicato anche lo “specifico cristiano” e il primato alla Parola di Dio – di cui la Tradizione è al servizio – una liturgia che sia espressione della vita della gente e una Chiesa, sacramento del Regno. Una Chiesa, conclude Bettazzi, dove la comune vocazione battesimale costituisce una comunità di sacerdoti, re e profeti – tutti quanti, preti e laici – accomunati, sull’esempio di Gesù, in un servizio quotidiano.
Come “il rapporto fra la gerarchi e l’insieme dei fedeli all’interno del popolo di Dio rapporto non a caso denominato “servizio”, cioè in latino “ministero”, dove il minus-meno si contrappone al magis-più del magistero.
Maria Teresa Pontara Pederiva