LA CHIESA ROMANA DEVE RISCOPRIRE IL VANGELO
Il grido di Ernesto Buonaiuti
Da alcuni mesi è in ristampa – in cartaceo e in ebook – un titolo di Ernesto Buonaiuti: si tratta de La Chiesa romana, un libro pubblicato nel dicembre 1932 per l’editrice Gilardi e Noto di Milano. La ristampa è a cura di Pietro Urciuoli e Vittorio Bellavite, recentemente scomparso, e si inserisce nel quadro delle iniziative promosse da Noi Siamo Chiesa per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti, tra cui un Appello lanciato nel 2014 che ha raccolto e continua a raccogliere l’adesione di noti esponenti della cultura cristiana e laica nonché di qualificati movimenti e associazioni della società civile (è possibile firmare l’appello collegandosi al sito www.noisiamochiesa.org). Il libro è aperto dalla prefazione di Gilberto Squizzato.
Uno spirito libero che non può tacere
La Chiesa romana è un testo della maturità di Ernesto Buonaiuti, uno tra i più significativi della sua vastissima produzione. Nel corso degli anni ‘20 il sacerdote romano era stato colpito da vari e pesanti provvedimenti disciplinari della Santa Sede culminati nel gennaio 1926 con la scomunica definitiva expresse vitandus; inoltre, nel dicembre 1931 era stato anche rimosso dalla cattedra di Storia del cristianesimo all’Università di Roma per essersi rifiutato di prestare il giuramento fascista. Ecco, dunque, la drammatica situazione di Buonaiuti all’inizio del 1932: colpito a più riprese sia dall’autorità ecclesiastica che da quella civile, scomunicato vitandus, le sue opere poste all’Indice, spogliato dell’abito sacerdotale e privato dell’insegnamento universitario. Consapevole della gravità e dell’irreversibilità di questa situazione, stende questo saggio, secondo le sue stesse parole, «per un indeclinabile comando della coscienza, in un momento risolutivo della mia vita»: ne risulta un libro che è al tempo stesso una riflessione sulla bimillenaria storia della Chiesa e un accorato appello affinché ritorni a proporre al mondo il messaggio evangelico nella sua originaria purezza, e nel quale si alternano, attraverso un gioco di audaci e sapienti collegamenti, analisi storiche e visioni future.
La Chiesa romana e il Vangelo tradito
Il testo si articola in cinque capitoli i cui titoli danno già un’idea del taglio che l’Autore ha voluto imprimere all’opera: Quel che pretende di essere, Quel che è stata, Quel che è, Quel che potrebbe essere, Quel che sarà. Un bilancio, quindi, dello sviluppo storico e teologico della Chiesa romana nel corso di due millenni e una prospettiva sul suo prossimo futuro in rapporto a un mondo in rapida evoluzione sul quale incombe lo spettro del secondo conflitto mondiale.
Nel primo capitolo, Quel che pretende di essere, Buonaiuti si prefigge di dimostrare i motivi per cui Roma «proclama, recisamente ed intransigentemente, di essere da due millenni la depositaria unica dell’insegnamento del Cristo e la amministratrice insurrogabile della sua virtù salvifera». A suo giudizio ciò è riconducibile al fatto che nella Chiesa romana nel corso dei secoli si è andata consolidando una inestricabile commistione tra concezioni filosofiche e formulazioni dogmatiche grazie alle quali la Chiesa romana è divenuta una «immensa compagnia di assicurazione sui rischi dell’oltretomba [che] possiede oramai un perfetto armamentario per assicurare ai suoi fedeli il tranquillo passaggio nel mondo, in vista del raggiungimento della beatitudine infinita».
Quindi Buonaiuti (Quel che è stata) si sofferma su un tema che, dopo la fondamentale opera di Adolf Harnack, è divenuto terreno di acceso dibattito tra gli studiosi e cioè il problema della continuità dei caratteri essenziali del messaggio evangelico attraverso i due millenni di storia cristiana. In particolare Buonaiuti si chiede se la attuale configurazione magisteriale della Chiesa romana costituisca una mera dilatazione dell’eredità del Cristo e degli apostoli o se, piuttosto, l’insegnamento dogmatico del cattolicesimo – così come si è andato accumulando nel corso dei secoli – non contenga anche degli elementi estranei ai dati elementari della Rivelazione. Individuata l’originalità e l’unicità del messaggio cristiano nell’intimo legame tra escatologia ed etica, Buonaiuti evidenzia che il problema della continuità non si può esaurire nel mero dato cronologico dovendosi necessariamente considerare anche aspetti teorici e storici; sulla base di queste premesse traccia un rapido ma denso excursus dello sviluppo del cristianesimo attraverso una sapiente rassegna di eventi e protagonisti dimostrando come la trasmissione fedele dell’originale e primitivo messaggio cristiano sia affidata a un delicato equilibrio di vari elementi (antropologia, soteriologia, escatologia, morale, ecclesiologia, dogmatica).
A questo punto l’Autore analizza i caratteri distintivi della Chiesa romana contemporanea (Quel che è) soffermandosi principalmente sui fattori che la allontanano dalla primitiva Chiesa. Passa, quindi, in una rapida rassegna, molti argomenti; dalla burocrazia curiale, la cui missione sembra ormai ridotta alla conservazione fossilizzata del dogma, al ministero ordinato e alla successione apostolica, quest’ultima ritenuta un fattore importante ma non certo decisivo per una compiuta caratterizzazione del sacerdozio cattolico; dall’istituto del celibato, divenuto nel tempo uno strumento nelle mani della gerarchia per vincolare il clero in una dedizione completa, alla modalità di formazione dei candidati al sacerdozio attraverso i seminari, strutture che producono «deformazioni mostruose, inversioni innominabili, unilateralità penose, atrofie innaturali». Oggi, osserva Buonaiuti, la Chiesa romana è «incapace di pronunciare parole che scuotano in profondità le viscere del mondo e costituiscano un’indicazione sicura agli orientamenti dell’avvenire» perché «Roma è ormai una meccanica e arida tradizione» il cui insegnamento metafisico-teologico «è in arretrato di secoli sullo sviluppo della scienza e della speculazione».
A fronte di questa amara constatazione l’Autore si chiede (Quel che potrebbe essere) se e quali riserve abbia ancora Roma per uscire da questa situazione di crisi. La risposta è decisamente positiva: «al di qua e al di sotto della paralizzata impalcatura delle sue formulazioni teologiche e della sua disciplina burocratica, Roma possiede ancora riserve carismatiche così inviolabilmente sacre che basterebbe porle arditamente in circolazione per far fermentare di nuovo tutta la massa della civiltà contemporanea»; essa sola, nonostante tutto, può costituire il veicolo della aspirazione dei popoli a una fraternità universale ma solo a prezzo di uno «sforzo audace carico di abnegazione e di sacrificio».
Nell’ultimo capitolo (Quel che sarà) Buonaiuti sintetizza il suo pensiero sulla situazione attuale della Chiesa romana e su quello che l’aspetta nell’immediato futuro. Sostiene che la sua paralisi è la diretta conseguenza di un lungo passato in cui, gradualmente, la linfa circolante dei carismi si è coagulata in norme e dottrine; e tuttavia, è proprio da questo passato – che peraltro rivela una grande capacità di adattamento alle mutevoli situazioni storiche e culturali – che Roma può trarre le energie per rinnovarsi e per dire al mondo le parole che questo attende da lei.
Sollevare il pesante velo che nasconde queste voci profetiche
In questo libro Buonaiuti raccoglie in una visione d’insieme temi che ha abbondantemente sviluppato nel corso di oltre un ventennio e ne anticipa altri che saranno al centro della sua riflessione negli anni a venire; un libro, quindi, che, scritto in un momento di svolta della sua vita, costituisce anche un momento di svolta della sua produzione letteraria. Le sue argomentazioni sono di una sorprendente attualità e rendono testimonianza di una figura complessa di sacerdote e di studioso che attende ancora il giusto riconoscimento.
Pietro Urciuoli
Ernesto Buonaiuti (a cura di Vittorio Bellavite e Pietro Urciuoli), La Chiesa romana, Gabrielli, Verona 2023, pp.260.