Home > Rubriche > Le nostre letture > Riforma della Chiesa > LA VERA TRADIZIONE E’ DINAMICA
Stampa

LA VERA TRADIZIONE E’ DINAMICA

Giovanni Miccoli traccia la storia della Fraternità San Pio X e dell’atteggiamento assunto nei suoi confronti dai papi nei quasi cinquant’anni successivi al concilio. L’interesse che una tale storia presenta è molteplice: la relazione tra Roma e la Fraternità è illuminante per capire la realtà e i caratteri della drastica contrapposizione che si espresse all’interno del concilio, un vero e proprio scontro fra due modi diversi di pensare e vivere il cristianesimo e la Chiesa. Ma anche per indicare in quale direzione papato e curia hanno inteso di volta in volta dirigere la Chiesa cattolica, sia in riferimento alla sua vita interna sia nei suoi rapporti con gli ‘altri’.

La ricostruzione di Miccoli suggerisce con molta nettezza la non recezione da parte dell’attuale pontificato di quella che è rappresentata come l’istanza più profonda del Vaticano II: il riconoscimento della storia. Il tema è riproposto a più riprese, anche in relazione alle «falsificazioni» della storia presenti in alcuni discorsi di Benedetto XVI . In proposito, un passaggio del libro, per quanto quasi incidentale, risulta particolarmente pregnante. Si tratta delle righe in cui si riporta un giudizio di Christoph Theobald in cui, in relazione al concilio, si parla dell’«entrata della coscienza storica nella tradizione». Miccoli lo commenta con le seguenti parole: «l’entrata della coscienza storica nella tradizione: detto in altri termini: il riconoscimento della storicità del cristianesimo!» (p. 402).

Per ricorrere a un’espressione particolarmente cara all’autore, questa equivalenza appare, in realtà, una «forzatura». Tradizione e storia restano due termini incommensurabili. L’autentica risposta ai tradizionalisti sta non già nell’appellarsi alla storicità, ma nell’indicare il carattere dinamico – o meglio aperto alla speranza – della Tradizione. La Chiesa dell’anticoncilio dimostra, senza ombra di dubbio, quanto poco questo registro sia stato richiamato nel replicare alle posizioni della Fraternità. In effetti, il carattere dinamico della tradizione è richiamato nella stesso motu proprioEcclesia Dei adflicta che indica il carattere incompleto della visione proposta da Lefebvre «in quanto non tiene conto del carattere vivo della tradizione» (p. 170) e qui Giovanni Paolo II cita il n. 8 della Dei Verbum, che, aggiungiamo, va ritenuto, sotto ogni aspetto, una delle acquisizioni più alte dell’intero concilio.

Tuttavia si è trattato di un magistero che, per quanto non del tutto dimenticato, non è stato sicuramente posto al centro delle applicazioni conciliari. Le spinte «progressiste» legate all’impegno nella storia e quelle «conservatrici» animate da un giudizio negativo sulla modernità si sono, paradossalmente, trovate concordi nel non sviluppare un’autentica riflessione sul senso più profondo dell’idea di tradizione. Questa lacuna è dotata di una grande incidenza  sia nel rendere incerte e titubanti le repliche vaticane ad alcune istanze di fondo avanzate dalla Fraternità sia, fatto ancor più rilevante, nello sviluppo di una matura ermeneutica del Vaticano II.

Va da sé che, per cogliere il senso della distinzione tra tradizione e storia, bisogna aver il coraggio di legittimare tutti gli ambiti propriamente soggetti a un approccio storiografico. In questa sfera ricade anche la storia della liturgia e del dogma. La «lex orandi, lex credendi» può rivendicare di essere «altro» dalla storia, solo nella misura in cui non ha paura di quanto emerge da una rigorosa indagine storiografica. Su questo fronte, però, la Chiesa cattolica sconta tuttora le violente scelte antimoderniste compiute proprio da quel Pio X eletto dalla Fraternità come suo protettore. Allora, per evidenziare gli indubbi limiti dell’approccio modernista, bisognava accoglierne alcune delle sue istanze più valide. Si sono invece respinti gli uni e le altre. Così  facendo si è anche irrigidito il concetto di Tradizione, impasse che, in sede ecclesiale, è ormai impossibile da sciogliere attraverso un semplice appello alla storia (cf. Regno-att. 16,208,560 ).

Piero Stefani (da “Il Regno”)

MICCOLI G., La Chiesa dell’anticoncilio. I tradizionalisti alla conquista di Roma, Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 420.

Articoli correlati

LA MESSA È SBIADITA E LA PANDEMIA NON C’ENTRA
La partecipazione ai riti religiosi in Italia fra il 1993 e il 2019

AI FIGLI SI VUOL GARANTIRE TUTTO TRANNE LA FEDE
La nuova religione degli adulti è la giovinezza

KENOSIS
La spogliazione che salva

LA RINASCITA DEL PENSIERO FEMMINILE
COINCIDE CON L’ALBA DEL MODERNO

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie tecnici da parte nostra. [ info ]

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi