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L’UOMO DEI SOGNI E DELLE VISIONI
Bruno Hussar e l’utopia realizzata

Ho ricevuto questo libro da Mariani Cerati, un amico della rivista Qol. La prefazione è di Brunetto Salvarani e la postfazione di Bruno Segre, mentre l’autore, Bruno Hussar, è fondatore di Neve Shalom/ Wahat al Salam, persona con cui ho parlato una volta sola e fu subito amicizia.

Mi sembra giusto parlarne per due ragioni: la prima è il desiderio di riprendere il discorso sull’amicizia tra noi umani che siamo destinati a vivere in società plurali tendenti a cadere sempre nella logica amico/nemico, estendendo le ragioni dell’inimicizia per chi non la pensa come noi perfino rispetto alle credenze religiose.
Di qui il bisogno di rievocare ancora – in tempi di guerra in Europa e di crisi profonda in Israele – la piccola società di pace Neve Shalom – Wahat al Salam, in cui dal 1977 convivono ebrei, cristiani, musulmani e agnostici per dimostrare al mondo che è possibile. Una scuola internazionale e interreligiosa di pace.

L’altro motivo è il contenuto del libro: Hussar lo ha composto nel 1983 come “strumento di comunione” per persone “alla ricerca”, l’intenzione ingenua e ideale di un uomo che ha trasformato il proprio dato identitario in un dono culturale che supera differenze, contrasti, competitività, primazie destinate a diventare antipatie, ostilità, guerra.

Bruno si presenta con il suo bagaglio: padre e madre ebrei, nato a Il Cairo, prete domenicano, cittadino israeliano, amico degli arabi. E privo di priorità di scelta.

Uno così – che sapeva che chi non ha paura degli altri, né parzialità per i simili, né rivalse che lo facciano sentire superiore, segue il Vangelo – testimonia perché aveva deciso di fare il prete. Dio stesso vuole le differenze, che sarebbero tutte amabili: al villaggio Neve Shalom – Wahat al Salam sono un albero che ha le radici ebraiche, cristiane, islamiche piantate nella terra di Israele, dove nessuno “può” diventare nemico se nasce fratello.

Quando Hussar incontrò Ben Gurion gli toccò una sfuriata: il grande Vecchio non poteva accettare un ebreo “prete”: i cristiani hanno ridotto lo shabbat alla domenica! Ma dovette quietarsi: il giovane domenicano gli ricordò il riposo di Dio dopo i sei gironi della creazione. Che importanza ha come lo chiamiamo se ci prescrive di riposare il settimo giorno?

Non è facile sentirsi dentro un sogno. Ma aiuta a non disperare: c’era una nube che accompagnava il popolo in cammino (Nm 9, 17-18) e quando si fermava si accampava. Domani, forse, la Nube luminosa si alzerà ancora….

Giancarla Codrignani
Socio fondatore Associazione Viandanti

 Bruno Hussar, Quando la nube si alzava. Luomo dalle quattro identità, EDB, Bologna 2022, pagg. 166

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