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Alberto B. Simoni
Quando si parla di opinione pubblica nella chiesa, i modi di intenderla possono essere i più controversi. Se rimaniamo al senso immediato, si pensa a forme di consenso passivo rispetto alle indicazioni e posizioni espresse dall’alto: qualcosa di già fatto che dà l’immagine di una chiesa monolitica e bloccata. Oppure, per contrasto, si pensa ad una opinione pubblica che manca, in quanto non c’è alcun riconoscimento alla libertà di discernimento critico da parte di soggetti che non siano quelli dell’apparato; o in quanto fa difetto un coordinamento unitario tra le tante voci che si fanno sentire. Senza sottovalutare il primo modo di intenderla - che sarebbe da rimuovere - è chiaro che l’attenzione si porta sul secondo aspetto, che sollecita ad uscire da ogni forma di acquiescenzae a farsi carico di un’opinione pubblica nella chiesa che sia tale e che già Pio XII invocava nel 1950, dicendo: “Essa - la Chiesa - è un corpo vivo cui mancherebbe qualcosa alla propria vita, se le facesse difetto l'opinione pubblica, difetto il cui biasimo ricadrebbe sui pastori o sui fedeli”. Una responsabilità trasversale C’è dunque una responsabilità trasversale a dare vita ad una comunicazione interna alla comunità cristiana, che non si contenti di rivendicare il diritto alla parola nei confronti di chi si guarda bene dal riconoscerlo,ma lo sappia assumere ed esercitare in proprio nel rispetto delle esigenze di verità e di comunione che sono a carico di tutti. Il problema vero, dunque, sta nella capacità o meno dei tanti ... Leggi tutto