Crucifixion grise (1970), part., litografia di Marc Chagall

A PROPOSITO
DEL POST-TEISMO

Da qualche tempo, almeno dalla pubblicazione del volume “Oltre Dio. In ascolto del Mistero senza nome” (Gabrielli 2021) - ma la questione ha radici che risalgono agli inizi del secolo scorso - si discute sul post-teismo. Con questo intervento di Enrico Peyretti [1] proseguiamo l’attenzione ad un tema “cruciale” per la declinazione della nostra fede nella storia, dopo l’articolo di Raniero La Valle (Un Dio del passato o sempre contemporaneo nella storia?), apparso sul nostro sito lo scorso anno.

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È possibile oltrepassare il teismo, cioè “l’idea di un Dio assolutamente separato dal mondo che interviene dall’esterno per salvarlo”?

C’è un vero bisogno di superare il teismo! È bene, è interessante, che ogni immagine di Dio sia sempre da superare, correggere, affinare. Dio non è mai un oggetto circoscrivibile da una teologia conclusa. È realtà grande.

Il teismo pensa un dio magico, onnipotente, separato dal mondo, padrone, giudice arbitrario, facile modello dei tiranni, che vuole salvarci da fuori di noi. Il Dio della legge, del premio e della pena. Nel Dies irae era detto Rex tremendae maiestatis. Un Dio Terrore, non Amore. Non ci fa felici. Ci facciamo continuamente idoli falsi: anche Maradona era detto “dios”. Se ci svegliamo, ce ne liberiamo.

Il più forte post-teista Tra i tanti profili di Dio, netti o sfumati, c’è una proposta, onesta e chiara, nel cuore del vangelo arrivatoci da Gesù ...

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