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RIDARE UN’ANIMA ALLA POLITICA

“E se la vita spirituale fosse una delle condizioni fondamentali di un’intensa vita sociale e politica?” (Paul Valadier).

Questo interrogativo del teologo e filosofo gesuita tocca un tema alquanto sottovalutato nel dibattito cattolico. Sembra che il rapporto fede e politica si riduca alla questione della presenza e rilevanza dei cattolici nella vita pubblica, come se il problema fosse contare e avere influenza. Risulta perciò utile questo volume, che raccoglie gli atti di un convegno promosso a Pistoia dal Centro Espaces Giorgio La Pira, presso il convento dei domenicani. Riflettere sul nesso tra spiritualità e politica porta una benefica venta di ossigeno in tre ambiti.

1. In politica, oggi troppo spesso ridotta a lotta tra interessi di partito o, peggio ancora, tra interessi personali perseguiti mediante il controllo delle istituzioni. Si tratta di recuperare il significato profondo di quest’attività umana. “Nella politica, si tratta di fare spazio alla dimensione metapolitica, perché c’è un legame inscindibile fra politica e senso profondo della vita, fra l’attività politica dell’uomo e il suo destino finale (comunque lo si pensi)” (Vincenzo Caprara, p. 67). Non è lo scontro per prevalere sull’altro a costituire l’essenza della politica, ma la ricerca di una comunione, di un’unità più alta delle differenze in campo. La spiritualità diventa politica, perché si esplicita in una relazione con l’altro che racchiude un senso, non si arresta allo strumentale e all’utile.

2. Tutto ciò implica anche una precisa concezione della spiritualità, che non si arresta al devozionismo o alla pratica religiosa fine a se stessa. Siamo all’opposto del cosiddetto spiritualismo, in uno spazio che potremmo definire, con Raimon Panikkar, di secolarità sacra; detto altrimenti: laicale e non clericale. “La spiritualità fa riferimento alla cura dello spirito come centro e asse della vita di tutta la persona, che interessa la totalità e l’integrità della persona, tutti i centri della vita, dai più terreni, come possono essere la gestione dei beni materiali e il lavoro manuale, fino alle dimensioni più contemplative della vita; dalle esperienze più interiori del soggetto fino a quelle più sociali della persona…” (Felicismo Martinez Diez, p. 77). La spiritualità riguarda la vita, politica compresa, e non una sfera religiosa separata e distinta dal resto della realtà. L’autentica spiritualità è immersa nella storia. E’ un terreno su cui ci si può intendere anche con il non credente, in un’accezione ampia di spiritualità intesa come “tutto ciò che mi aiuta a vedere, accogliere e promuovere l’umano che è in me e negli altri” (Stefano Grossi, p. 94), un umano che nello specifico cristiano assume il volto di Gesù di Nazaret.

3. Da quanto detto finora deriva una visione precisa dell’impegno del cattolico in politica. Non si tratta in primo luogo di una rilevanza o di un “fare” misurabili nel numero di parlamentari o di leggi a cui si possa applicare un’etichetta “cattolica”. Vorrebbe dire dimenticare che in un contesto democratico l’impegno storico del credente consente diverse opzioni partitiche e legislative, ma soprattutto mettere da parte il proprio della spiritualità cristiana che in politica è uno stile di abitare la polis secondo la forma del Vangelo. “Così Cafarnao è città in quanto villaggio delle relazioni e degli incontri sulla strada, sul mare, davanti alle case (Mc 1,21-2,17), Ciò che costruisce la città non sono tanto le costruzioni e le architetture di edifici e di case, ma l’articolarsi di percorsi  umani che sono chiamati ad incrociarsi, ad intrecciarsi, a trovare negli spazi a misura d’uomo la possibilità di vivere le fondamentali dimensioni del vivere umano, il lavoro, la festa, la cura, l’amore, l’intimità, il servizio” (Alessandro Cortesi, p. 199). L’impegno politico si configura così quale occasione di incontro, dialogo, mediazione, costruzione di una casa comune. Potremmo dire, con un’espressione sintetica, che è un atto di laicità nel senso alto della parola. Ecco che cosa dovrebbe perseguire il cristiano, piuttosto che una qualche forma di “occupazione” dello spazio pubblico, per quanto pacifica e a fin di bene. Il che non significa condannarsi all’insignificanza, non prender parola, confinare la fede nel privato, bensì vivere l’impegno come azione educativa, ispiratrice, alla maniera evangelica del lievito nella pasta.

Christian Albini

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