Congar è quindi un grande teologo e tuttavia caratterizzato da una concezione tutta particolare di teologia. Egli pensa ad una teologia che quanto più scende in profondità tanto più si fa concreta ed è capace di parlare al quotidiano dell’uomo
Per rendersi conto di quanto e come un teologo di questa statura entri poi nel vivo delle situazioni, basta forse scorrere l’indice di un volumetto da lui realizzato poco meno di trent’anni fa, Conversazioni d’autunno :
1. Il Vaticano II: L’uscita del tridentinismo; 2. Conosciamo il cristianesimo? Europa e secolarizzazione; 3. Le religioni: L’Islam, l’Ebraismo; 4. La Chiesa; 5. Fede, vita spirituale e teologia; Ecumenismo. Tre brevi citazioni di questo opuscolo, che possiamo considerare come testamento spirituale, fanno da cornice alla esistenza teologica del P.Congar sotto il segno della grazia!
* «Dirò innanzitutto una parola sulla responsabilità del concilio in ciò che noi chiamiamo la crisi. Secondo me, questa responsabilità è, in un certo senso reale, ma è inseparabile dalla grazia e dal beneficio che il concilio rappresenta per la chiesa e, direi anche, per il mondo. Questo beneficio è principalmente costituito dall’uscita dal tridentinismo» (p.7).
* «Ora la sorte della chiesa mi pare essere sempre più legata ad una vita spirituale ed anche soprannaturale, quella appunto della vita cristiana. Penso che ai nostri giorni possano resistere i cristiani che hanno una vita interiore. Nel tridentinismo, c’era una specie di condizionamento, senza dare un senso peggiorativo a questo termine, voglio dire una specie di inquadramento, una cornice nella quale si entrava e si restava. Mentre oggi, avremo l’occasione di ritornarci evidentemente, siccome viviamo in un mondo secolarizzato (e particolarmente sotto l’influenza dei mass-media) credo che sia impossibile conservare una vita cristiana senza una certa vita interiore» (p.10).
* «L’ecumenismo è la mia preoccupazione e, direi, anche la mia vocazione da molto tempo, vocazione di cui posso precisare l’inizio, nella maniera più chiara, il 1929, con degli antecedenti, una specie di preparazione nell’infanzia e nella giovinezza, di cui ho parlato altrove. Spesso mi domando pure se sono stato fedele a questa vocazione e a questa grazia. Poiché ammetto che fu una grazia. Devo dire che oggi, dal punto di vista ecumenico, porto nel mio spirito soprattutto degli interrogativi» (p.102-3).