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SINODO ITALIANO
RIPENSARE L’INIZIAZIONE CRISTIANA

Fabrizio Filiberti

La richiesta di Papa Francesco alla Chiesa italiana (Firenze 2015) affinché percorra la strada di un Sinodo per affrontare le sfide del mondo, ha trovato concretezza nella recente Assemblea plenaria della CEI. La “carta d’intenti” appena pubblicata indica l’avvio del “percorso” il 17 ottobre, in coincidenza con l’apertura del Sinodo universale dei Vescovi centrato proprio sulla “sinodalità”. Mi sono chiesto di cosa il Sinodo della Chiesa italiana dovrebbe occuparsi in questo frangente storico che, con le parole di Francesco abusate ma certo puntuali, ci offre non un’epoca di cambiamenti ma “un cambiamento d’epoca”. Per dire, che la sfida è ampia, complessa, radicale.

Oltre lo scisma verticale e sommerso
Qualche anno fa qualcuno parlò di “scisma” all’intero della Chiesa. Uno “scisma verticale” (E. Biser, 1991) come scioglimento dei “legami” vitali e affettivi fra il vertice della Chiesa e la sua base, ulteriormente scossi dallo scandalo della pedofilia; uno “scisma sommerso” (P. Prini, 1999) come reciproco non riconoscimento tra la “dottrina” proposta dall’istituzione e quella creduta dalla base, cioè come deficit di elaborazione e comunicazione credibile della prima, tanto da produrre una autonoma ricerca di senso e di risposte da parte dei fedeli sulle grandi questioni vitali.

I due aspetti agiscono oggi in una ulteriore direzione: non solo nella accentuata scissione tra fede e vita, creduto religioso e significato/azione mondani, “incoerenza”, sempre riscontrata e sempre redarguita appellando ad una maggiore fedeltà al battesimo. Piuttosto, come scisma nella fede, nell’itinerario di iniziazione e crescita alla vita cristiana che gioca tra l’assoluta insignificanza del gesto confessante pur posto e l’irrilevanza esistenziale che, nello stesso istante, riveste.

Fine di un rito di passaggio
In qualche modo, lo scisma si è spostato all’origine della vita di fede, là dove si ipotizzava finora una “sincerità di cuore” ed ora si sperimenta un “nulla di significato” che solo un ormai fragile cemento culturale tradizionale contiene, preparandosi ad esplodere, se non già avvenuto, nelle generazioni giovanili.

Parliamo ovviamente dal punto di vista di quella fede-che-salva, come la chiama Pierangelo Sequeri, data dall’incontro e dall’adesione a Gesù Cristo, Signore e Figlio di Dio, e di quella fede testimoniale che ha per sua natura forma comunitaria, ecclesiale. Si vuole dire, in breve, che è finito il tempo dell’adesione alla fede cristiana come rito di passaggio, tappa scontata di inserimento culturale nei costumi sociali più o meno condivisi. Questo aspetto è finito, non trova più consenso.

La fede come opzione adulta
La fede, quella fede di cui si diceva sopra, per essere autentica e autenticante il soggetto e la comunità che lo accoglie, può configurarsi ormai solo come un’opzione adulta.

La fede come opzione: significa che sempre più occorre guardare agli uomini e donne come soggetti che devono essere messi in condizione di effettuare sempre la scelta di fede. Se è vero che il bisogno profondo di senso e di salvezza risiede nel cuore dell’uomo, la fede non è un patrimonio che sana il bisogno acquisendolo per necessità attraverso itinerari formali, come se la chiesa fosse un’agenzia fornitrice.

Occorre che la fede entri nell’orizzonte della persona come una grazia autentica, cioè un’esperienza ed una possibilità che affascina e chiede di prendere posizione, chiede di convertire la propria esistenza. Fede come adesione al vangelo di Cristo nella esplicita assunzione del battesimo e nell’ingresso nella comunità ecclesiale. La comunità cristiana è quella dei credenti in Cristo, non degli adepti ai valori cristiani. Se faccio questo passo, devo rendermene conto. Per vivere da “brave persone”, lo sappiamo, non è necessario.

Cosa comporta questa torsione nella prassi di iniziazione alla vita cristiana? Cosa significa sul piano dell’annuncio del kerigma e sulla catechesi? Cosa significa, in termini più ampi, sulla missione dell’ekklesia?

L’essenziale e il necessario
Di questo, credo, in primis il Sinodo dovrebbe occuparsi, uscendo da quell’atteggiamento che stringe le labbra, fa parlare a voce bassa, se non tacere, anche quando si sa cosa sta accadendo: la desertificazione crescente delle comunità in forza del cambiamento “climatico” che ha rarefatto la fede sostituendola con un surrogato religionistico[1].

Guardare a questa novità storica (che mai s’è data in questa forma pervasiva) chiede di concentrarsi sull’essenziale che Francesco nella Evangelii gaudium (n. 35) ha richiamato, non mancando di guardare al necessario della vita della Chiesa. L’essenziale è il Vangelo di Gesù Cristo. La Chiesa esiste solo per il suo annuncio. Il necessario: tutto il resto, strutture, persone, liturgie, ecc. Quest’ultimo, andrà perseguito, migliorato, e pone non poche altre urgenze (dai ministeri, all’inclusione delle donne, al tema del gender, ecc.) ma non ha la stessa forza costitutiva (non uso il termine “priorità”) dell’essenziale. Un essenziale sul quale occorre interrogarsi in termini di concretezza dell’annuncio, dottrine conseguenti che sono state tratte, significanza che rivestono per l’uomo di oggi, forma e linguaggio di confessione e consapevolezza del compito testimoniale.

Un’iniziazione secondo il tempo dello Spirito
Allora, la Chiesa italiana nel Sinodo – in forza dell’autorità che esso riveste, espressione delle chiese locali, della comunione tra i loro membri, forti del sensus fidei e dell’assistenza dello Spirito – deve dar voce alla sfida che il tempo della fede come opzione libera ci presenta, dichiarando a se stessa e al mondo (e sarebbe una bella testimonianza…) che il tempo della fede veicolata dalla cultura è finito, e che per questo cessa l’uso di quegli strumenti passati, giustificati dal regime di presenza, che offuscano e annacquano l’umile forza dell’annuncio.

Segno concreto di questo atteggiamento sarebbe, a mio parere, l’assunzione di un percorso di iniziazione cristiana fedele a quanto, peraltro, già ufficiale e canonico: quel processo che crea cristiani adulti, che chiede la professione di fede come scelta consapevole[2] abbandonando, la prassi di una scansione scolastica della sacramentalizzazione che al massimo “diploma” cristiani. Due azioni sono necessarie.

Senza togliere il battesimo dei bambini, che ha una sua importante tradizione e giustificazione – costituendo peraltro già un’eccezione rispetto alla norma del battesimo da adulti –, battesimo cresima e comunione andrebbero somministrati in età adeguata alla scelta consapevole e non, come oggi, in un tempo che, qualunque valutazione sul piano umano e civile, dichiarerebbe infantile e ancora irresponsabile.

La fede adulta, (compresa quella che ratificherebbe un battesimo già ricevuto) va lasciata alla libera scelta in forza della consapevolezza e dei tempi del soggetto. Quando e se verrà, verrà. Che bella sarebbe una celebrazione di battesimi e/o cresime (con la prima eucarestia unita alla crismazione) nella quale uomini e donne di varie età (secondo il tempo dello Spirito e non del chronos) diventano fratelli e sorelle in Cristo!

Duc in altum
Occorre, nel contempo, sanare quel non senso (pur se un tempo può averne avuto …) che colloca dopo il battesimo del bambino l’accesso alla prima comunione e poi alla cresima/confermazione (in età preadolescenziale) riportando così all’originaria sequenza battesimo-cresima-eucarestia.

Fuori da questa duplice essenziale riforma pastorale, non dottrinale, la Chiesa apparirà sempre più portatrice di tradizioni prive non solo di logica teo-logica, ma di ragionevolezza umana.

Forse prevarranno i timori di trovarsi spiazzati dal crollo delle “adesioni” (perché oggi è questo il termine da usare nelle nostre comunità, più che “conversioni”), proiettati nel deserto del fallimento pastorale. È questo prevedibile shock che, invece, potrebbe indurre le comunità a ripensarsi come comunità missionarie, a crescere nella fede, nella comprensione della grazia e delle grazie che il Signore ci ha affidato, rinnovando la capacità evangelizzatrice. Discuterne, almeno, aiuterebbe il Sinodo a focalizzare il proprio compito: duc in altum!

Fabrizio Filiberti
Presidente di “Città di Dio” Associazione ecumenica di cultura religiosa – Invorio (NO). L’Associazione “Città di Dio” aderisce alla Rete dei Viandanti. Membro del Consiglio direttivo e del Gruppo di riflessione e proposta (Grp) dell’Associazione Viandanti.

– – Note – – – – – –
[1] Un recente documento della Commissione Teologica Internazionale, La reciprocità tra fede e sacramenti nell’economia sacramentale (2020), indica chiaramente alcuni fattori di crisi, mette in evidenza ripetutamente il dato costitutivo della fede adulta (il che non significa perfetta…) per la comprensione dell’economia di salvezza e la sua dimensione sacramentale. Un testo che ribadisce l’insieme della dottrina, sottolinea alcune esigenze, ma non giunge, volutamente, a indicazioni pastorali innovative. La complessità e la bellezza della prospettiva sacramentale, a partire dalla dimensione trinitaria, conferma ancor più la necessità di una consapevole adesione. Fermo restando che essa non esaurisce le modalità di influsso della grazia di Cristo sull’umanità.

[2] “Poiché il battesimo è la porta d’ingresso, la fede richiesta per il battesimo non deve essere perfetta, ma iniziale e desiderosa di crescere”, (CTI, La reciprocità tra fede e sacramenti…, n. 84). “Certamente la fede del ricevente non è la causa della grazia che opera nel sacramento, ma costituisce parte della disposizione adeguata e necessaria per la sua fruttuosità, di modo che possa essere fecondo” (ivi, n. 90).

[pubblicato il 5 settembre 2021]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: “lecronachelucane.it”]

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Vedere anche la pagina Chiesa italiana. É tempo di Sinodo

3 Commenti su “SINODO ITALIANO
RIPENSARE L’INIZIAZIONE CRISTIANA”

  1. “I BATTESIMI dei BAMBINI? DIMINUIRANNO. (Involuzione, o segno dei tempi?)
    L’INVITO n. 236 / 2014 pagina 21 (www.linvito.altervista.org)
    L’articolo è il resoconto delle assemblee di presentazione del libro “Il campito di domani.- Cronache dalla Chiesa di Trento nel dopo-Concilio”.

  2. Il mondo è diventato adulto, l’autonomia del mondo è frutto di una evoluzione. Occorre una nuova interpretazione del cristianesimo, si deve trovare un linguaggio nuovo o tacere, affinché le grandi parole riacquistino la forza liberante che gli uomini hanno sperimentato, udendole pronunziare da Gesù, ma che le chiese non sanno più testimoniare. Così scriveva Bonhoeffer nel 1944

  3. E’ necessario riscoprire l’identità cristiana da adulti perchè le famiglie sempre più spesso stanno perdendo il senso cristiano della vita. Il Battesimo dei bambini ha un senso se la famiglia e la comunità li accompagnano nel percorso di fede nel cammino di vita. L’idea di posticipare e di rordinare i tre sacramenti Battesimo-Cresima-Eucaristia ad un’età più matura può aiutare a staccarci dalle tradizioni seppur buone e ad abbracciare la fede in Gesù.

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