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TRENTO / Riflessione sul Concilio (ottobre 2012)

Contesto. Un gruppo di famiglie di Trento, il “Gruppo del Vangelo”, lungo tutto il corso del 2012, si è incontrato, in occasione dei primi 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, con l’obiettivo di riprendere in mano i documenti prodotti dal Concilio e interrogandosi su ciò che questi possono ancora dire alla Chiesa di oggi. La sintesi di questa riflessione è contenuta in una lettera, indirizzata all’Arcivescovo di Trento, monsignor Luigi Bressan.

TESTO
Riflessioni sul Concilio
Ripreso dal sito: www.vinonuovo.it del 14 ottobre

A monsignor Luigi Bressan, arcivescovo di Trento

Desideriamo condividere con Lei e con la Chiesa di Trento alcune riflessioni maturate nel corso di un anno di incontri che il nostro gruppo ha dedicato a una rilettura del Concilio Vaticano II, dei suoi documenti e della loro attuazione nella Chiesa di oggi e nella nostra vita quotidiana di credenti.

Il nostro intento non è commemorativo: abbiamo cercato di mettere a fuoco cosa il Concilio dice oggi a noi, che ci caratterizziamo per essere un gruppo di famiglie, di persone impegnate in politica, di lavoratori, di educatori, di persone che operano nella comunicazione.

Ci sentiamo figli del Concilio perché ci siamo formati cristianamente nel clima di rinnovamento conciliare e vorremmo rilanciare la visione di speranza e di apertura che ha caratterizzato quella stagione della Chiesa.

Ci sentiamo radicati nella visione di Dio, della Chiesa e del mondo che emerge dai documenti del Concilio e ci sentiamo in cammino verso una sua sempre più piena attuazione:

– Dio è Padre, che rivolge il suo sguardo amorevole su ogni creatura

– la Chiesa è comunità di credenti, segno di speranza, testimone dell’amore di Dio, sale e lievito per il mondo

– il mondo è famiglia umana chiamata dal Padre a un disegno universale di comunione che è meta e fine della storia, all’interno del quale trovano spazio e senso i percorsi, le scelte, i progetti attuati responsabilmente da ogni uomo e donna “di buona volontà”.

Centralità della Parola
“La lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo” (Dei Verbum, n.25)

Come gruppo del Vangelo abbiamo messo al centro della nostra riflessione il documento conciliare Dei Verbum sulla Rivelazione.

La Rivelazione non è data una volta per tutte ma si attua continuamente attraverso la Parola di Dio (sempre nuova per la risposta che suscita in ogni generazione di credenti) e attraverso gli eventi della storia umana.

Una comunità che vuole essere attenta a ciò che Dio ha da dire al mondo deve imparare a discernere il disegno del Padre attraverso una lettura attenta della Parola e delle vicende umane; ciò significa leggere anche la storia contemporanea come Rivelazione

E’ importante che la Parola di Dio venga maggiormente valorizzata nella liturgia, nella pastorale e nella catechesi: la Parola deve essere ascoltata nella comunità e con la comunità e non solo meditata individualmente.

I laici possono collaborare con il sacerdote nello spiegare la Parola, anche nell’omelia, perché tutti percepiscano che essa parla alla vita di ciascuno di noi. Per favorire l’ascolto profondo della Parola sentiamo l’esigenza che ci sia equilibrio nella Messa tra proclamazione della Parola, omelia e tempi di silenzio, in modo da aiutare i fedeli a ricordare, assimilare e vivere quanto ascoltato nelle letture liturgiche.

Anche al di fuori della celebrazione, crediamo necessario che le varie realtà ecclesiali e associative di ispirazione cristiana tornino a mettere al centro della loro attività l’approfondimento, lo studio e il confronto sulla Parola di Dio, perché ognuno possa trarne alimento per la sua vita. Constatiamo infatti con preoccupazione una diffusa ignoranza del testo biblico e una ricerca di spiritualità spesso non sufficientemente ancorata alla Parola. Proviamo disagio di fronte ad alcune forme di religiosità popolare che portano a fuggire dalla dimensione del quotidiano e a inseguire ciò che si presenta come straordinario, carismatico, emotivamente coinvolgente. E’ necessario comprendere i bisogni che queste forme di religiosità esprimono e dare loro una risposta evangelica liberante; pensiamo che certe forme di devozione vadano educate, e che molti segni esteriori vadano purificati.

Coscienza morale e libertà
“L’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà” (Gaudium et Spes, nn. 16-17)

L’uomo che vive nel mondo “in situazione” dovrebbe agire ascoltando responsabilmente la voce della coscienza. Occorre riaffermare il primato della coscienza nella vita morale, ricordando però che la coscienza va formata ed evitando che tale primato diventi un alibi per una fede fai da te.

Per sfuggire a questo rischio crediamo che la fede non debba essere individualistica ma che debba crescere nel confronto con la comunità, che educa a comprendere e a fare discernimento, perché ogni cristiano possa aderire e non passivamente obbedire alla legge morale.

La parola obbedienza, come la parola precetto, può avere oggi risonanze negative perché suggerisce una condizione servile. Noi desideriamo invece essere “liberi e fedeli in Cristo”, secondo un’espressione di B. Häring.

Chiesa, popolo di Dio
“I fedeli che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo di Dio.(Lumen Gentium, n.30)

Riteniamo che i laici debbano contribuire all’elaborazione del pensiero etico della Chiesa e al rinnovamento del suo linguaggio. I pastori devono saper raccogliere le indicazioni che vengono dalla comunità anche in questo campo. Auspichiamo che non si ostacoli il protagonismo dei laici nelle strutture rappresentative della Chiesa e la loro partecipazione alla elaborazione del Magistero, non come voci singole o come consulenti scelti dall’alto, ma come persone che esprimono il vissuto quotidiano del popolo di Dio, in uno spirito di corresponsabilità e non di mera collaborazione con i pastori della Chiesa.

A tal fine pensiamo che si debba porre il problema della rappresentatività dei laici che operano nella Chiesa e che debbano essere incentivate forme di collegialità a tutti i livelli della vita ecclesiale. Esiste già l’esperienza dei consigli pastorali, che però hanno ancora, molto spesso, un ruolo limitato e ancillare.

Crediamo anche che si debba rilanciare il tema tipicamente conciliare della “ministerialità” all’interno della comunità cristiana, perché vengano valorizzati gli specifici carismi di laici e presbiteri, uomini e donne. Vorremmo che i sacerdoti fossero meno presenti negli uffici, a svolgere mansioni organizzative, e più presenti tra la gente, ad annunciare la Parola.

La Chiesa non deve essere identificata solo con chi parla da un pulpito, per istruire i fedeli raccolti sotto il campanile, ma è comunità di credenti, ed è, all’interno della società, una voce capace di dialogare con altre voci, su un piano di parità. Un esempio significativo è, nella nostra Chiesa, l’esperienza della Cattedra del confronto.

Non si tratta di inventare da zero un modello di Chiesa, ma di individuare e rilanciare molte “buone pratiche” che già esistono e che si sono sviluppate proprio sulla scia del rinnovamento conciliare. Molto si è fatto e si sta facendo sul piano della missionarietà (intesa anche come reciprocità: molte parrocchie, ad esempio, hanno saputo dare piena accoglienza a persone provenienti da diverse parti del mondo) e della carità (non più vista come semplice elemosina ma come impegno per la promozione umana e la giustizia). Ci sono però anche esperienze positive che mostrano oggi segni di logoramento e stanchezza, dopo il fiorire di iniziative a cui si è assistito negli anni postconciliari.

La Chiesa si trova oggi in una condizione di minoranza. Tale condizione non va vista solo in negativo, come decadenza e perdita (che può provocare in alcuni atteggiamenti di angoscia, autodifesa e arroccamento), ma anche in positivo, come chiamata a rinunciare a una posizione di potere nella società, a riscoprire la vocazione a essere “piccolo gregge”, “sale e lievito” nel mondo; un tempo di grazia in cui recuperare l’autenticità del messaggio cristiano, uno stimolo ad avere coraggio e rilanciare la speranza.

Missione e testimonianza
Perché i cristiani possano dare testimonianza agli uomini del loro tempo “debbono stringere rapporti di stima e amore con questi uomini, riconoscersi come membra di quel gruppo umano in mezzo a cui vivono, e prender parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell’umana esistenza, alla vita culturale e sociale”. (Ad gentes, nn. 11-12)

Come cristiani condividiamo fragilità, contraddizioni e limiti dei gruppi umani di cui facciamo parte, ma ci sentiamo anche portatori di una speranza. Desideriamo “essere nel mondo”, nella società come seme di bene, con uno stile di fiducia e di non aggressività.

Cerchiamo un equilibrio tra le due immagini evangeliche dell’essere “sale” (che comporta uno “stare dentro” e uno scomparire) e l’essere “luce” (che suppone un’alterità); vogliamo testimoniare che c’è Qualcuno dietro quanto di buono traspare nelle nostre vite, e che c’è Qualcuno anche dietro le nostre oscurità.

Ci sembra fondamentale dare una testimonianza positiva ai giovani, trovando il linguaggio e il canale più adatto per comunicare con loro. I giovani hanno assoluto bisogno di cogliere la “buona notizia” del Vangelo e di aprirsi a una dimensione di progettualità, di futuro; desideriamo sostenere esperienze forti che incentivino la loro autonomia e facciano emergere i loro talenti, il loro protagonismo e la loro domanda di senso. Insieme a loro siamo chiamati a essere collaboratori della creazione; la creazione è incompiuta e chiede il contributo di ciascuno per realizzarsi giorno per giorno.

Questi sono solo alcuni dei temi, che certo non esauriscono la ricchezza dei documenti conciliari, su cui abbiamo fermato la nostra riflessione e che ci sentiamo di condividere con Lei e con la Chiesa di Trento.

Gruppo del Vangelo 

Trento, 11 ottobre 2012

 

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