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Testi delle letture bibliche ed extra bibliche

1. Testo biblico / Apocalisse 2,12-17

12All’angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:
Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli: 13So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana. 14Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d’Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione. 15Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti. 16Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.
17Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve.


1. Testi extra-biblici

a) Ildegarda di Bingen (1098-1179), benedettina tedesca
Da Epistulae, XVIII, (ed. L.Van Acker 1991)

O pastori lamentatevi e piangete in questo tempo, perché non sapete che cosa fate, quando le funzioni ecclesiastiche fondate in Dio le prodigate a seconda delle disponibilità di denaro, o affidate alla stoltezza di uomini perversi, che non hanno timor di Dio. E per questo le vostre parole maledette piene di malizia e minaccia non sono da ascoltare: I vostri scettri così superbamente levati non hanno radici in Dio, ma nelle pene della presunzione della vostra volontà di male.

* * * *

b) Gerolamo Savonarola (Ferrara, 1452 – Firenze, 1498), domenicano
Dalla Predica XII, Sopra Amos, tenuta il 24 febbraio 1496 in S.Maria del Fiore a Firenze.

Noi non diciamo se non cose vere, ma sono li vostri peccati che profetano contra di voi […] noi conduciamo li uomini alla simplicità e le donne ad onesto vivere, voi li conducete a lussuria e a pompa e a superbia, ché avete guasto il mondo e avete corrotto li uomini nella libidine, le donne alla disonestà, li fanciulli avete condotto alle soddomie e alle spurcizie e fattoli diventare come meretrici.

* * * *

c) Michele Pellegrino (Centallo/C, 1903 – Torino 1986), cardinale e arcivescovo di Torino.
Dalla Lettera pastorale per la Chiesa torinese Camminare insieme (1971)

Povertà nelle strutture ecclesiali
11. Le povertà dev’essere testimoniata anche nelle strutture della Chiesa. Partiamo da un principio elementare ed evidente che non si tiene presente abbastanza, con la conseguenza o di ricercare, nell’attività pastorale, i beni economici in misura sproporzionata al loro fine, o, all’opposto, di voler prescindere dalle necessità economiche connesse con la pastorale.
(…)
La misura delle risorse di cui la Chiesa ha bisogno e il modo di impiegarle devono essere determinati secondo le esigenze del ministero. Certamente, lo spirito di autentica povertà che deve animare la vita d’ogni cristiano deve tanto più caratterizzare il comportamento della Chiesa, a tutti i livelli e in tutte le sue manifestazioni.
Come stiamo a questo riguardo? Vi sono sacerdoti, religiosi e religiose, parrocchie e comunità che danno una testimonianza ammirevole di povertà accettata e praticata In silenzio e in letizia. Ma ciò non avviene sempre. Non basta il fatto che si dispone di risorse abbondanti (si tratti di persone o di enti) a legittimare spese superflue o l’accumulo di capitali non necessari. Chiunque, persona o istituzione, ha più di quanto gli occorre deve guardarsi dal mostrare superbia e dal mettere la sua speranza in ricchezze precarie, preoccupandosi invece di fare del bene e di essere generoso con gli altri (cfr. 1Tm. 6, 17-19).
Lo spirito di povertà dovrà anche presiedere, insieme con la preoccupazione pastorale, alla scelta dei campi di lavoro più adatti alle persone e alle istituzioni della Chiesa. Se in questa scelta il fine di lucro è prevalente, si è fuori strada. Quando si commette questo errore, oltre il rischio di dare al mondo una contro-testimonianza, si può mettere seriamente in pericolo la vocazione di chi ha cercato nella comunità il mezzo per vivere il Vangelo nella carità e nell’apostolato e s’accorge (se non s’accorge è peggio) d’essere divenuto soltanto uno strumento per far guadagnare soldi all’istituzione.
(…)
In ogni caso, la ricerca dei mezzi economici necessari all’azione pastorale non deve mai indurre a compromessi con qualsiasi forma di potere – si pensa naturalmente al potere politico e a quello economico, che del resto spesso si implicano a vicenda – che mettano in qualsiasi modo in pericolo la piena libertà della Chiesa e le impediscano di agire secondo lo spirito del Vangelo.


2. Testo biblico
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Apocalisse 12, 1-11

1Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. 2Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. 5Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.
7Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. 9Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.
10Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:
“Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo,
poiché è stato precipitato
l’accusatore dei nostri fratelli,
colui che li accusava davanti al nostro Dio
giorno e notte.
11Ma essi lo hanno vinto
per mezzo del sangue dell’Agnello
e grazie alla testimonianza del loro martirio;
poiché hanno disprezzato la vita
fino a morire”.


2. Testi extra-biblici

a) Caterina da Siena, (Siena, 1347 – Roma, 1380), domenicana
Dalla Lettera al Cardinal Pietro d’Ostia (Le lettere, Libro I, VII, Letteratura italiana Einaudi)

La carità è quello dolce e santo legame, che lega l’anima col suo Creatore: ella lega Dio nell’uomo, e l’uomo in Dio. Questa carità inestimabile tenne confitto e chiavellato Dio-e-uomo in sul legno della santissima croce; costei accorda i discordi; questa unisce li separati; ell’arricchisce coloro che sono poveri della virtù, perrocchè da vita a tutte le virtù: ella dona pace, e tolle guerra; dona pazienzia, fortezza e lunga perseveranza in ogni buona e santa operazione; e non si stanca mai, non si tolle mai dall’amore di Dio e del prossimo suo, né per pena né per strazio, né per ingiuria né per scherni né per villania. Ella non si muove per impazienza né a delizie né a piacimenti che il mondo gli potesse dare con tutte le lusinghe sue. Chi l’ha è perseverante e giammai non si muove, perrocchè egli è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; cioè, che ha imparato da lui ad amare il suo creatore; seguitando le vestigia sue. In lui ha letta la regola e la dottrina, che gli conviene tenere; perrocchè egli è via, verità e vita: onde chi legge in lui, che è libro di vita, tiene per la via dritta, e attende solo all’onore di Dio, e alla salute del prossimo suo.

* * * *

b) Fedor Dostoevskij, (Mosca, 1821 – San Pietroburgo, 1881), scrittore russo
Da I fratelli Karamazov (1879), Cap. V. Il grande inquisitore (Garzanti 2005)

“- Sei tu? Sei proprio tu? (…) Non dicevi spesso: “Voglio rendervi liberi?” Adesso hai visto come sono i tuoi uomini “liberi”, soggiunse il vecchio con un sogghigno pensoso. (…)
– Ma sappi che adesso, anche oggi, quella gente è convinta più che mai di essere completamente libera, e intanto essi stessi ci hanno portato la loro libertà e l’hanno deposta umilmente ai nostri piedi. (…)
– Perché sei venuto a disturbarci adesso? E che hai da guardarmi con quei tuoi occhi miti e penetranti, senza dire una parola? Adìrati, io non voglio il tuo amore, perché sono io il primo a non amare te. A che servirebbe nascondere a te la verità? Sta forse a me nasconderti il nostro segreto? O forse vuoi sentirlo dalle mie labbra: noi non siamo con te, noi siamo con lui, ecco il nostro segreto. E’ da molto tempo che non siamo più con te, ma con lui, da otto secoli.
Esattamente otto secoli fa, abbiamo accettato da lui quello che tu rifiutasti con indignazione, quell’ultimo dono che egli ti offriva mostrandoti tutti i regni della terra: da lui abbiamo accettato Roma e la spada di Cesare e ci siamo proclamati sovrani della terra, anche se da allora non siamo riusciti a portare a termine la nostra opera. (…)
– Noi abbiamo appunto accettato la spada di Cesare e accettandola, naturalmente, abbiamo rinnegato te per seguire lui. (…)
– Tu vai fiero dei tuoi eletti, ma tu hai solo quelli, mentre noi daremo la pace a tutti. (…)
– Da noi, invece, tutti saranno felici e non si ribelleranno né si trucideranno più, come fanno con la tua libertà, per tutta la terra. Oh, noi li convinceremo che diventeranno liberi solo quando avranno rinunciato alla loro libertà per noi e si saranno assoggettati a noi. (…)
– E tutti saranno felici, milioni di esseri, tranne le centinaia di migliaia che li governano. Giacchè noi, soltanto noi, che conserveremo il segreto, soltanto noi saremo infelici. Essi moriranno tranquilli, si spegneranno tranquilli nel tuo nome, e oltre la tomba non troveranno null’altro che la morte”.
Quando l’inquisitore termina di parlare, aspetta per un po’ di tempo che il prigioniero gli risponda. Gli pesa il silenzio di lui. (…) Il vecchio avrebbe voluto che quello gli dicesse qualcosa, per quanto amara e tremendo potesse essere. Egli invece si avvicina lentamente al vecchio e lo bacia piano sulle esangui labbra di novantenne. Il vecchio sussulta. Un leggero fremito gli contrae gli angoli della bocca, egli va alla porta, la apre e gli dice: “Và via e non tornare più…non tornare più…mai, mai più!” E lo lascia andare.

* * * *

c) Adriana Zarri (1919-2010), teologa
Da Dodici lune, pag. 187 (Camunia 1989)

29 giugno
La carità è tutt’altra cosa da come pensavo quando, talora, mi insegnavano ad amare “per amor di Dio”: un giro lungo e complicato, e anche un poco offensivo per la terra. (…) Si parte, per distanziarci dall’epidermide del mondo, si gira al largo, guidati da un faro luminoso, per vedere dall’alto, le bellezze nascoste; e dopo un lungo navigare in Dio si approda ancora all’uomo, alla terra, alla vita: a quel porto che avevamo lasciato. Ma non è più lo stesso. Le acque si son fatte profonde ed insondabili, e ci stupiamo di non averle misurate prima. Forse era necessario quello strappo e quel lungo aggiramento; forse era necessario amare il mondo “per amor di Dio”. Ma oggi non vorrei più amarlo così. Ciò che voglio è più semplice e, proprio per questo, più difficile: una grande passione nella quale l’amore per Dio e per l’uomo sono una cosa sola. Non voglio più navigare lontano, neanche “in Dio”: voglio tornare (o, meglio, giunger per la prima volta) a quelle acque profonde e calme in cui Dio e la vita non han più bisogno di contendere, in cui Dio e la vita non sono più il faro e l’acqua, ma sono l’acqua e l’acqua; e la luce c’è dentro.


3. Testo biblico
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Apocalisse 22,14 [22, 8-15]

8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate. 9Ma egli mi disse: “Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare”. 10Poi aggiunse: “Non mettere sotto sigillo le parole profetiche di questo libro, perché il tempo è vicino. 11Il perverso continui pure a essere perverso, l’impuro continui ad essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. 12Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine. 14Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all’albero della vita e potranno entrare per le porte nella città. 15Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!

3. Testi extra-biblici
a) Dante Alighieri (Firenze, 1265 – Ravenna, 1321) poeta e scrittore
Da la Divina Commedia, Paradiso, Canto XXX, vv.109-132

E come clivo in acqua di suo imo
si specchia, quasi per vedersi adorno,
quando è nel verde e ne’ fioretti opimo,

sì, soprastando al lume intorno intorno,
vidi specchiarsi in più di mille soglie
quanto di noi là su fatto ha ritorno.

E se l’infimo grado in sé racchiude
sì gran lume, quanta è la larghezza
di questa rosa nell’estreme foglie!

La vista mia nell’ampio e nell’altezza
non si smarriva, ma tutto prendeva
il quanto e ‘l quale di quella allegrezza.

Presso e lontano, lì, né pon né leva;
chè dove Dio sanza mezzo governa,
la legge natural nulla rileva.

Nel giallo della rosa sempiterna,
che si dilata ed ingrada e redole
odor di lode al sol che sempre verna,

qual è colui che tace e dicer vole,
mi trasse Beatrice, e disse: “Mira
quanto è ‘l convento delle bianche stole!

Vedi nostra città quant’ella gira:
vedi li nostri scanni sì ripieni,
che poca gente più ci si disira.

* * * *

b) Ildegarda di Bingen
Da Il libro delle opere divine. Quinta visione della terza parte
(I Meridiani, Mondadori 2003, pag.1061)

II padre onnipotente distribuì equamente tutte le cose; e come dette il cielo agli abitanti del cielo e la terra agli abitanti della terra, operò un’analoga giusta distribuzione fra i figli degli uomini: gli spirituali dovranno possedere tutte le cose che sono appropriate al loro ufficio e i laici quelle che sono loro adatte al loro, affinchè nessuna delle due parti opprima l’altra depredandola. Dio non ha certo ordinato che la tunica e il mantello fossero dati ad uno solo dei suoi figli, lasciando l’altro nudo, ma ha disposto che all’uno sia dato il mantello e all’altro la tunica. Il mantello spetta ai laici, per l’ampiezza dei loro doveri e perché nei figli crescono e si moltiplicano indefinitamente; la tunica dev’ essere concessa al popolo spirituale, affinchè non gli manchino cibo e vesti ma non possieda più di quanto gli abbisogna. Perciò noi giudichiamo e disponiamo che tutte le predette cose siano divise con equità; e dovunque gli spirituali saranno trovati a possedere il mantello oltre alla tunica, il mantello sia loro tolto per darlo agli indigenti, affinchè questi non si consumino nella povertà.

* * * *

c) Mahatama Gandhi (1869 -1948),
Da Arun Gandhi Shares the Mahatma’s Message.
(India-West,San Leandro (California), Vol. XXVII, No. 13 2002 p. A34)

Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.

Da Il mio credo, il mio pensiero.
(Grandi Tascabili Economici Newton 1995. pp. 289-290)

Per me Dio è Verità e Amore; Dio è etica e moralità; Dio è assenza di paura. Dio è la fonte della Luce e della Vita e tuttavia Egli è al di sopra e al di là di queste. Dio è coscienza. È lo stesso ateismo degli atei. Perché, nel Suo infinito amore, Dio permette all’ateo di esistere. Egli è il cercatore di cuori. […] È un Dio personale per quelli che hanno bisogno della Sua personale presenza. È un Dio in carne ed ossa per quelli che hanno bisogno della Sua carezza. È la più pura essenza. […] È tutte le cose per tutti gli uomini. È in noi e tuttavia al di sopra e al di là di noi.

* * * *

d) Arturo Paoli, (Lucca, 1912), piccolo fratello del Vangelo
Da Camminando s’apre cammino, p. 233 (Cittadella, )

Questa prospettiva di riconciliare gli uomini e le cose nel Cristo ha unificato la mia vita. Esso mi fa sentire libero perché irrevocabilmente legato a un impegno che è liberante.
La libertà, per sua natura, è cammino in avanti, è una maniera di vedere le cose in successione, è una forza interiore che impedisce di tenere nelle mani qualcosa come definitivo. Tutto quello che stringiamo con le nostre mani come conquista definitiva, come proprietà, appassisce inesorabilmente e ci fa vecchi.
Mi piace enormemente una definizione che san Paolo dà di Cristo: «Cristo è la nostra pace»: non la pace che abbiamo, ma la pace che cerchiamo, quella verso cui corriamo ma che non avremo mai come conquista definitiva. La pace, la libertà non esistono se non come il punto finale del cammino dell’umanità.
Esistono la pacificazione, la liberazione, la riconciliazione, che sono degli assoluti in movimento. E se io punto sulla riconciliazione e sulla liberazione come assoluti è perché so che stanno sotto la legge della resurrezione e non della morte e della caducità.

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