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VERSO IL SINODO IL QUESTIONARIO INGOMBRANTE

Franco Ferrari

Il Questionario del Documento preparatorio della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che affronterà il tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, si può dire che sia apparso subito come uno strumento portatore di molte incognite.

Un cambio di metodo
La questione non sta, però, nel questionario in sé, mezzo sempre utilizzato nella fase preparatoria dei sinodi per fare una rilevazione sui temi oggetto delle assemblee sinodali e preparare l’Instrumentum laboris; la novità è l’aver reso pubblico il questionario, scegliendo un nuovo modo di procedere.

Il segretario generale del Sinodo, mons. Baldisseri, nella conferenza stampa di presentazione, il 5 novembre dello scorso anno, aveva detto: “Per avviare il processo di consultazione è stato rivolto un invito alle Diocesi a diffondere il Documento capillarmente nei decanati e nelle parrocchie al fine di ottenere dati concreti e reali sulla tematica sinodale”.

È stata questa modalità ad avviare il confronto tra i favorevoli e i contrari e a far scrivere ai primi che si tratta di “iniziativa inedita”, di “una boccata d’aria nuova”, di “fatto in sé straordinario”, mentre i secondi hanno affermato che: “riesce difficile vederne l’utilità”; “l’insegnamento della Chiesa non è una raccolta di opinioni”.

I timori e il nascondimento
La presentazione del Questionario e l’annuncio della consultazione, nell’agorà mediatica, hanno portato al superamento traumatico della pratica della riservatezza e come conseguenza hanno avuto una risposta molto diversificata da parte dei vescovi. In Europa alcune Conferenze episcopali hanno dato subito pubblicità e risalto all’iniziativa mettendo on-line il testo; altre hanno pensato di assopire lo slancio che nasceva da un accoglimento molto, anzi troppo, positivo della consultazione; altre ancora hanno ritenuto di proseguire con l’antico metodo richiedendo le risposte ad una ristretta cerchia di addetti ai lavori.
Così è stato anche nelle oltre 200 diocesi italiane. Molto raramente si è arrivati alle comunità parrocchiali. Appare evidente che non vi è stato nelle diocesi l’impostazione di un lavoro di sensibilizzazione e diffusione.

Forse per la ristrettezza dei tempi. Forse perché non si è colto il profondo mutamento metodologico presentato, con un rapido ma significativo accenno, dal Segretario generale del Sinodo: “la metodologia sinodale è al presente in un momento di generale revisione” e circa “il rinnovamento metodologico, l’idea è quella di rendere l’Istituzione sinodale un vero ed efficace strumento di comunione attraverso il quale si esprima e si realizzi la collegialità auspicata dal Concilio Vaticano II.” Forse, infine, perché si è temuto che il dare la parola, con ampia facoltà, al Popolo di Dio potesse mettere in evidenza una discrepanza, più o meno ampia, tra Pastori e Popolo, tra la dottrina proclamata e la prassi quotidiana anche di coloro che sono rimasti nella Chiesa. E’ ciò che sta emergendo dalla lettura delle risposte e dalle sintesi rese pubbliche da gruppi e singoli, dalla rivista “Il Regno” (sintesi su 72 questionari ricevuti) e da alcune Conferenze episcopali. Forse anche per questo qualche Conferenza episcopale (Irlanda, Canada, Inghilterra e Galles), che pure aveva pubblicizzato il questionario, ha poi scelto di non rendere pubblica la sintesi finale.

Non si tratta di un’indagine demoscopica
Nonostante tutto si può ritenere che il Questionario abbia superato un primo ostacolo: il silenzio; alcuni dati iniziano ad apparire sulla stampa e nei siti ufficiali di alcune Conferenze episcopali (Svizzera, Giappone, Austria, Germania, Francia, Stati Uniti, Filippine); alla Segreteria del sinodo sono giunti oltre 700 questionari compilati da singoli e da gruppi.

Ora il confronto si sposta sul valore da dare a queste risposte e alla tendenza che esse esprimono. Altro passaggio difficile. Al momento due sembrano gli argomenti dei detrattori; un primo, piuttosto debole, ritiene che quanto emerso dal Questionario, in particolare il suo essere stato reso di dominio pubblico, possa condizionare dall’esterno il Sinodo; un secondo, più dottrinale, sostiene che l’insegnamento della Chiesa non è la raccolta delle opinioni individuali.

Non si può, però, ridurre la consultazione preparatoria al Sinodo ad un’indagine demoscopica. Le 38 domande del Questionario non sono state pensate per questo e le risposte ottenute non consentono un’operazione di questo tipo. Infatti, al di là dei pochi numeri che riguardano i questionari raccolti (colpiscono i 25.000 della Svizzera), non vi sono percentuali riferite a “sì”, o a “no”, o a “non so”, come di solito accade per questo tipo di indagini; inoltre, è fondamentale considerare che la rilevazione è avvenuta all’interno della Chiesa (laici, religiosi, presbiteri e vescovi) perciò è espressione dei credenti  e non genericamente della società civile.

“Il fiuto del gregge”
Se si leggono le risposte e le sintesi rese pubbliche si coglie lo spirito e la varietà delle sensibilità presenti nella Chiesa e con i quali vengono visti i problemi della famiglia e della coppia. Come ha osservato mons. Baldisseri: “Dalle risposte risulta molta sofferenza, soprattutto di quanti si sentono esclusi o abbandonati dalla Chiesa per trovarsi in uno stato di vita che non corrisponde alla sua dottrina e alla sua disciplina. La panoramica è mondiale; pertanto giocano fattori culturali messi a confronto con la fede cristiana, e si rilevano elementi che convergono, provenienti spesso da orizzonti culturali e tradizionali lontani o addirittura opposti” (L’Osservatore Romano, 21 febbraio 2014).

“Lo stesso gregge ha, per così dire, il fiuto nel trovare la strada” aveva detto papa Francesco nell’indicare il rapporto tra Pastori e fedeli (Discorso ai Nunzi apostolici, 21 giugno 2013). Un “fiuto” che la ricerca teologica chiama anche “sensus fidei-fidelium”, cioè i battezzati in virtù dei doni battesimali (regalità, profezia, sacerdozio comune) partecipano all’approfondimento della comprensione delle questioni di fede e di coscienza.
Pur con tutte le avvertenze del caso, ci sembra questo sia l’ambito nel quale collocare l’indagine preparatoria del Sinodo e il criterio guida per il suo utilizzo.

Franco Ferrari
Socio fondatore e presidente di Viandanti

3 Commenti su “VERSO IL SINODO IL QUESTIONARIO INGOMBRANTE”

  1. Sul commento di Pierpaolo Loi, pur condividendo l’impressione di fondo, farei tre rapide osservazioni:
    a) le relazioni delle conferenze episcopali rese note fino ad ora, pur con un linguaggio, in alcuni casi, teso a smussare le questioni più spinose, fanno emergere che vi sono problemi e che non vi è una compatta visione tradizionale delle cose;
    b) la pubblicazione dell'”Instrumentum Laboris”, cioè il documento di lavoro per i padri sinodali, che è elaborato sulla base delle risposte al Questionario, ci dirà quanto è stato tenuto conto della forte divaricazione che si sta manifestando tra Magistero ordinario e Popolo di Dio;
    c) infine, non si deve sottovalutare il dibattito aperto a partire dal Concistoro con la relazione del card. Kasper.

  2. Sul tema della “famiglia” è scandaloso il comportamento della Chiesa italiana sul documento preparatorio al Sinodo, documento che nella premessa sembra mostrare apertura alle nuove problematiche, ma che nelle domande rende di fatto impossibile esprimere un’opinione condivisa dal popolo cristiano e fuori dalle direttive gerarchiche. Il questionario non è stato proposto ai fedeli – se non in casi sporadici -, discusso nelle parrocchie…Le risposte, comunque raccolte, quelle inviate dai vescovi, tendono a confermare la visione, ormai non più credibile socialmente, della famiglia tradizionale…Restano i grandi problemi delle unioni di fatto, etero e omosessuali, delle separazioni, delle coppie divorziate che pure restano cristiane e cattoliche…Tuttavia è estremamente interessante l’intervento di singoli e gruppi che non si sono scoraggiati, hanno letto, commentato e inviato le proprie considerazioni. Se ne terrà conto?
    Pierpaolo Loi

  3. La Comunità di San Francesco Saverio di Trento ha elaborato il documento che anche “Viandanti” ha reso noto. Sulla rivista L’Invito n.234 l’articolo “I giorni della scrittura (aperta)” racconta come è nato e pubblica i primi commenti raccolti all’esterno.
    Sappiamo bene le obiezioni, di segno diverso, che l’iniziativa ha suscitato, e a cui Franco Ferrari risponde. Avessero anche ragione quelli, come Paolo Farinella, che prevedono che le risposte a Roma finiranno in scaffali polverosi, il dialogo fra coloro che si sono impegnati rimane un frutto di fede sempre più adulta. Silvano Bert- Trento (www.linvito.altervista.org)

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